Parole gentili per schiacciare insulti e offese nei confronti delle donne. Il flash mob dei rappresentanti di classe del liceo Volta, in piazza Arbarello, non ha bisogno di grandi gesti: bastano le parole. Per ogni “Te la sei cercata”, “Debole”, “Datti ai fornelli” ci sono altrettanti “Ottimo lavoro, complimenti!”, “Io ti credo”, “Scrivimi quando sei a casa”. Sui cartelloni bianchi le parole gentili, parole piuma, a contrasto con le parole pietra scritte e cancellate sui fogli rossi.
Quelle parole che sono familiari a molte
“Dopo la morte di Giulia Cecchettin c’è stata molta attenzione da parte della scuola sul tema dei femminicidi – racconta Anna Agirò, rappresentante di istituto, mentre scrive sui cartelloni – abbiamo letto articoli di giornali insieme e ne abbiamo discusso in classe. Questa vicenda per me è stata particolarmente pesante, perché in passato ho vissuto una relazione molto tossica e ho vissuto le stesse cose. Le cose che diceva Giulia negli audio erano quelle che sentivo io, è stato molto forte. A me è andata bene, ma noi donne abbiamo bisogno di renderci conto di queste situazioni e chiedere aiuto”.
Settimana colore rosso
L’istituto è in mobilitazione da tutta la settimana, con workshop, incontri e flash mob dedicati al tema. “Oggi tutto il personale, oltre agli studenti, indossa qualcosa di rosso – dice Marika Bononi, professoressa di religione –. È il terzo anno che organizziamo iniziative per questa giornata, e come risultato il flash mob di stamattina è stato ideato interamente dai ragazzi. Vuol dire che insistere su questo tema porta i suoi frutti”. E mentre il gruppo si incammina per tornare a scuola, dopo l’azione dei cartelli, la docente abbraccia i due rappresentanti di istituto presenti: “Sono fiera di voi” dice, commossa.
Attenzione verso i più piccoli
Nei giorni scorsi i rappresentanti hanno organizzato una tornata di presentazioni in ogni aula in cui portare all’attenzione anche dei più piccoli il tema dei femminicidi. “Giulia è stata la 106esima vittima di quest’anno, ci sono troppe violenze – dice Riccardo Cecchini, un rappresentante –. Ci siamo chiesti cosa possiamo fare noi: sensibilizzare. E quindi abbiamo girato per le classi per parlarne. Alcuni ragazzi però erano disinteressati, e di fronte alle nostre slide stavano con il cellulare in mano. Mi ha dato molto fastidio, perché Filippo Turetta è un ragazzo come noi. Da quando ha ucciso Giulia, adesso cerco di essere più attento nei confronti dei miei amici maschi”.
“C’è bisogno anche degli insegnanti”
Tre giorni fa, tutto il Volta si è organizzato, da solo, per scendere nell’atrio e fare un minuto di rumore. “Ma nessun professore si è aggiunto a noi – racconta con amarezza Agirò –, mi sono sentita molto delusa. Quando hanno visto che ci stavamo mobilitando, ne hanno approfittato per prendere un caffè. Anzi, quando sono tornata in classe la docente ci ha sgridati per il ritardo e ci ha fatto sentire in colpa. Ha detto che l’esame di maturità è più importante, ha sminuito tutto. Ero allibita. A volte i professori riversano su di noi le loro frustrazioni”, conclude.