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Sperimentazioni sui macachi: il fact checking delle Università di Torino e Parma

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“Abbiamo deciso di pubblicare un fact cheking dopo le affermazioni inesatte avanzate da alcuni quotidiani nazionali e relative alla sperimentazione sui macachi portata avanti dall’Università di Torino in collaborazione con quella di Parma”. A parlare è Sergio Scamuzzi, Vice-Rettore per la comunicazione interna ed esterna Unito. Ad una settimana esatta dalla protesta “bendata” degli animalisti della Lega Anti vivisezione (Lav), la vicenda della sperimentazione sui macachi del progetto “LIGHTUP Turning the cortically blind brain to see” torna ad infuocare l’opinione pubblica. L’occasione è la redazione da parte dell’Università di Torino e di quella di Parma di un documento di fact checking che smentisce le critiche mosse dalla Lav nella petizione “Ci vediamo liberi” pubblicata su change.org.

Il testo, fruibile direttamente dal sito delle università, premette che il progetto LIGHTUP, è stato approvato, nei suoi aspetti scientifici ed etici, dallo European Research Council, dai comitati etici e dagli Organismi Preposti al Benessere Animale (OPBA) delle Università di Torino e Parma, e infine dal Ministero della Salute. Il documento replica punto per punto alle affermazioni avanzate dalla Lav. “Gli animali non verranno resi ciechi. Sarà invece prodotta una macchia cieca circoscritta ad una zona di pochi gradi del loro campo visivo e limitata ad un solo lato” si legge nel primo punto del documento. O ancora all’accusa di sottoporre gli animali ad un intervento al cervello doloroso e invasivo e  ad una sperimentazione lunga 5 anni, le due Università hanno risposto: “È falso. Intanto il cervello di per sé non è un organo sensibile e non ha ricettori per il dolore […] e il progetto nel suo complesso durerà cinque anni ma questo non significa che la sperimentazione su ogni animale durerà cinque anni”.

Nel documento si riconosce anche la veridicità di alcune affermazioni mosse dalla Lav, relative alla richiesta di accedere al Protocollo dell’esperimento. Dalla Lav fanno sapere che è stato loro negato l’accesso agli atti. Dato che viene confermato dalle stesse Università che però ricordano “i dati e le informazioni relative ai dettagli della sperimentazione non sono segreti ma riservati: non possono per legge essere resi pubblici […]”.

Sulla questione nei giorni scorsi si è espressa anche il ministro della Salute Giulia Grillo che aveva manifestato la volontà di vedere chiaro sulla vicenda e di assicurarsi che fossero state rispettate tutte le normative del caso.

Proprio il ministro è stato menzionato dal responsabile della Lav Torino Marco Francone, che in una recente intervista ha dichiarato: “Abbiamo chiesto informazioni sull’esperimento, che ci sono state negate con la giustificazione che bisogna tutelare lo sperimentatore che potrebbe vedersi copiare il proprio progetto. Ma il finanziamento l’hanno già avuto. In ogni modo si tratta di soldi pubblici per cui non si può raccontare solo in parte l’esperimento. Chiediamo al ministro Grillo di pretendere trasparenza: il diritto alla privacy non può essere un modo per tenere nascosti dettagli importanti”.

La partita è ancora aperta: la sperimentazione sui macachi continua a dividere opinione pubblica, associazioni e istituzioni.

NADIA BOFFA

RICCARDO LIGUORI