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È il Fact Checking Day, ma l’antidoto alle notizie false è ancora da scoprire

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La quarta giornata internazionale del fact checking arriva durante la crisi provocata dalla pandemia di Coronavirus. In un momento di emergenza sanitaria i cittadini hanno particolare bisogno di informazioni e sono più interessati a cercare notizie. Il giornalista è chiamato a svolgere con più attenzione un compito ancor più delicato che in tempi ordinari, quando la circolazione di notizie false può avere conseguenze meno dirette sulla vita delle persone. Un movimento globale di verificatori, quello del Global Fact Checking Network, oggi si trova ad affrontare la lotta contro le bufale in un momento nel quale l’impennata delle fake news riguarda proprio la salute e l’informazione scientifica.

Sul sito online dell’International Fact checking Day è possibile trovare articoli che parlano di come allenarsi all’esercizio del senso critico, di strumenti utili a smascherare contenuti falsi e di come rendere più convincenti i lavori di verifica di argomento scientifico. Dimostrare la falsità di una notizia o di un’affermazione, infatti, spesso può non coincidere con informare le persone.

Lo spiega Alice Fubini, dottoranda in Scienze politiche e sociali all’Università di Bologna.

Fubini si è occupata in modo particolare di “fake news” nella sua tesi di laurea magistrale in Comunicazione pubblica e politica al dipartimento di Culture, politica e società dell’Università di Torino e ha partecipato alle due iniziative che Futura News ha dedicato al fact checking: #checkpolitiche2018 in collaborazione con La Stampa e #verificaifatti con l’agenzia LaPresse.

“Il fact checking sconta due problemi principali. Uno riguarda i pubblici: le persone che si espongono a disinformazione difficilmente entrano in contatto con altre notizie che sono invece frutto di un lavoro di verifica. Spesso l’unico pubblico a cui il fact checking riesce ad arrivare non è quello verso cui dovrebbe indirizzarsi di più” afferma Fubini. “In secondo luogo, anche qualora si arrivasse a quei destinatari sono comunque attive dinamiche di selettività e legate a pregiudizio di conferma che fanno sì che sia difficile che qualcuno portato a fidarsi di un’informazione falsa cambi idea”.

La verifica della correttezza di un dato o di una notizia è sicuramente una pratica buona e necessaria per il giornalismo, ma ci si può interrogare anche sulla sua utilità pratica nel momento in cui dare un responso sulla veridicità o sulla falsità di un’informazione diventa il fine dell’attività di ricerca: “In condizioni ideali, il fact checking dovrebbe essere solo il punto di partenza per un lavoro di inchiesta o di approfondimento giornalistico che sia davvero di servizio per i cittadini”.

In un periodo di emergenza prolungata come questo sembra che le notizie false siano più numerose del solito, ma secondo Fubini più semplicemente circolano con maggiore facilità: “C’è una richiesta più alta di informazioni da parte dei cittadini. Le istituzioni hanno difficoltà a dare risposte tempestive e chi costruisce fake news s’inserisce in questo spazio, approfittando della paura delle persone”.

È quindi importante farsi le domande giuste quando sullo smartphone arriva una notizia via messaggio, per quanto ci siano dinamiche che abbassano le nostre difese: “L’influenza personale è una dinamica molto potente. Se la fonte della notizia è una persona di cui si ha fiducia si può essere portati a crederci, cosa che non accadrebbe tanto facilmente se si trovasse la stessa notizia nella buca delle lettere”.

Che cosa si può fare allora per evitare di incappare in notizie false? “Informarsi sui siti istituzionali di riferimento per la materia di competenza è sempre buona norma. In questo periodo il sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è l’esempio. Le testate d’informazione più accreditate sono sempre da tenere d’occhio, magari anche incrociando più fonti, ma nell’ultimo periodo si sono aperti a lavori di fact checking anche specialisti di settori specifici” conclude Fubini. “Siti online come Medicalfacts, Dottore, ma è vero che…? e Osservatorio Terapie Avanzate sono gli esempi principali in Italia di azioni di contrasto alla disinformazione scientifica portati avanti da chi non è giornalista. Anche loro possono dare un contributo nella lotta alle notizie false”.

LUCA PARENA

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