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Export: il Piemonte frena, ma la crescita tiene

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Nella situazione difficile – «difficilissima», per il presidente dell’Unione industriali di Torino Giorgio Marsiaj – del panorama globale, l’export piemontese tiene e, nonostante la frenata, continua a crescere a ritmo più sostenuto delle altre regioni esportatrici d’Italia. 

Più 15,6 per cento è l’incremento registrato nel primo semestre del 2023, che ha visto esportazioni per 32,8 miliardi di euro. Numeri che, da un lato, sono in parte drogati dall’inflazione e segnano un rallentamento rispetto all’anno precedente (nel 2022 si cresceva al ritmo di più 18,5 per cento). Dall’altro, testimoniano come il Piemonte punti quest’anno al superamento della soglia dei 60 miliardi di euro di esportazioni, che corrisponde a circa il 10 per cento del dato nazionale. 

«Non è ancora abbastanza – commenta Marsiaj – però testimonia che qui si è fatto molto e si è fatto meglio che altrove. A livello nazionale, le esportazioni sono pari a circa 620 miliardi, poco più del 30 per cento del Pil del Paese. È troppo poco, basti pensare che in Germania l’export costituisce il 50 per cento del Pil». E allora si guarda ai mercati oltreconfine. Con le gravi difficoltà di Francia e Germania e una Cina che, seppur non ai livelli di un tempo, continua a crescere in maniera significativia 

«Rimaniamo la quarta regione italiana per esportazione – commenta Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte – e stiamo contribuendo in maniera fondamentale alla crescita del Nord Ovest (più 6,7 per cento) e dell’Italia. Vogliamo dotarci di nuovi strumenti, tra cui l’Indagine sull’internazionalizzazione delle imprese piemontesi, che diventerà uno strumento stabile di analisi realizzato con cadenza biennale».

Dalla prima indagine, promossa da Confindustria Piemonte in collaborazione con Sace – gruppo assicurativo del ministero dell’Economia e delle Finanze – e Unioncamere, emerge che, per le industrie piemontesi, i principali mercati esteri di produzione si confermano Francia, Germania, Usa e Cina. Mentre le prime piazze del commercio sono Francia, Germania, Usa e Spagna. È evidente, dunque, come il tessuto produttivo regionale risenta in modo particolare delle difficoltà economiche dei suoi due principali interlocutori.

Automotive e tessile continuano a trainare l’economia piemontese all’estero, ma perdono terreno. Crescono invece il settore chimico e farmaceutico, che in Spagna e Germania ha già superato il tessile, e l’agroalimentare. 

Delle 610 imprese piemontesi che hanno partecipato all’indagine (l’11 per cento del totale delle associate), il 55 per cento dichiara che la propria quota di fatturato all’estero è rimasta stabile, il 36 che è aumentata e solo il 9 che si è ridotta. «Quello che osserviamo – aggiungono da Confindustria – è che quando un’azienda investe oltreconfine quel fatturato cresce velocemente e spesso arriva a ricoprire una quota importante, anche maggioritaria, del bilancio aziendale». 

Così, in un clima geopolitico di grande instabilità, si guarda anche ai dati emersi da un’altra indagine, condotta da Unioncamere e dedicata agli andamenti dei mercati. Per l’export piemontese, Germania e Francia si contendono il primato e gli Stati Uniti diventano il terzo mercato. La Cina raddoppia la propria quota mentre il Kuwait scalza la Grecia nella lista di Paesi principali di esportazione. In caduta libera, invece, l’interesse delle aziende al mercato russo, esempio tangibile dei rapporti tra mondo ed economia reale. 

«Quello che dobbiamo fare – è l’impegno della presidente di Confindustria per l’Internazionalizzazione, Barbara Beltrame Giacomello – è garantire alle imprese un approdo sicuro sui mercati esteri. È a questo che lavoriamo e dobbiamo farlo sempre più in ottica europea».

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