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Emilia-Romagna, Brizzi: “Chi fa musica deve fermarsi”

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“Di fronte a certi guai che riguardano la gente, chi fa intrattenimento si deve fermare. Sospendere quel che sta facendo e ricominciare più in là”. A dirlo è Enrico Brizzi, scrittore bolognese, al Salone del Libro di Torino. Dopo le polemiche sulla conferma del concerto di Bruce Springsteen a Ferrara poche ore dopo le calamità naturali che hanno devastato la Romagna (finora, 14 morti e decine di migliaia di sfollati), la penna 49enne è tassativa: “Chi fa narrativa, musica, intrattenimento, dovrebbe fermarsi”. Colui che continua a far sognare intere generazioni dal suo libro d’esordio del 1994, “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, l’ha fatto. Infatti, racconta: “Nel mio piccolo, sono uscito da poco con un romanzo sulla giovinezza di Enzo Ferrari, icona della nostra terra. Avevo le prime presentazioni tra Modena e la Romagna e le ho bloccate”.

Dai suoi occhi, traspare il dolore di chi è cresciuto a Bologna e vive in Romagna: “Sono giorni molto complicati, che fanno tornare alla memoria il terremoto del 2012. Spero che l’emergenza sia verso la fine, ora comincia il lavoro di ricostruzione”. Quello che i romagnoli stanno dimostrando badile alla mano, spalando il fango mentre intonano Romagna mia. Per questo, “quando una terra è provata – continua Brizzi -, naturalmente deve tirar fuori il meglio di sé e va aiutata”.

Raccontare le generazioni

A 29 anni dalla pubblicazione del suo esordio, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, una domanda sale spontanea: come si racconta una generazione, come quella della Bologna di metà anni Novanta? “In maniera inconsapevole”, spiega Enrico Brizzi. Un’etichetta che non sente appartenergli, un po’ come un autore a cui è molto legato, Pier Vittorio Tondelli. “Rileggendo di recente le interviste raccolte durante la sua vita – racconta -, lui spiegava che raccontava esclusivamente il suo tempo. In più, diceva che le generazioni sono un qualcosa che viene in luce a posteriori o da fuori”. E conclude: “Finché vivi, pensi a vivere, non pensi a quale generazione fai parte. È solo una prospettiva storica”.

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