“Oggi vogliamo arrivare alla capitale. In questo momento stiamo aspettando il treno Dnipro-Kiev. Se non dovessere passare, cercheremo di procurarci un’automobile. Ci sono molti colleghi giornalisti che rimangono qui. Il motivo è semplice: ci sono forze russe che vengono da est. Se non cade subito Kiev, arriveranno qui a combattere”. Chi parla è Emanuele Satolli, fotoreporter di Contrasto che sta lavorando a un reportage per il New Yorker.
Da giorni viaggia da una città all’altra dell’Ucraina per cercare di documentare lo stato del conflitto. Satolli ha frequentato il Master in giornalismo di Torino, specializzandosi poi in fotogiornalismo. Ha collaborato con la prestigiosa rivista Time e i suoi lavori fotografici hanno testimoniato e narrato i conflitti in Medio Oriente fino al suo recente reportage dall’Afghanistan.
Emanuele si trovava a Kramatorsk la mattina in cui l’attacco è cominciato. Da allora l’escaletion non si è mai fermata:
“Prima di arrivare a Dnipro, eravamo nel Donbass. Il 24 eravamo a Kramatorsk io e il mio collega Joshua Yaffa del New Yorker. Le fonti parlavano già di un attacco alle 4 del mattino. L’attacco poi è cominciato davvero poco dopo le 5 in una struttura militare”.
Satolli e Joshua viaggiano per le strade cittadine per immortalare lo stato della crisi e le scene che vedono sono quelle che inevitabilmente segnano l’inizio di un conflitto: corse ai bancomat che hanno esaurito il denaro contante, code chilometriche di automobili che corrono a cercare riparo, gli uomini che si preparano a combattere. La resa, almeno per il momento, non è contemplata:
“La resa non è prevista. A Dnipro un ragazzo che fa il traduttore sta prendendo un treno per andare a combattere. La Russia ha attaccato su molti pronti. Non ci sono differenze, il clima è uniforme in tutta l’Ucraina. I civili cercano di lasciare le proprie zone. C’è uno spirito di resistenza. La gente crede che sia giusto e possibile difendere il proprio Paese”.
Emanuele è un giornalista che lavora per immagini, ma alla domanda su quale sia la scena cui ha assistito che meglio riassuma la situazione, non sa rispondere. Dice che una sola immagine non basta a raccontare quel che sta accadendo:
“Un’immagine sola non c’è. È un pensiero complesso da raccontare. Sono stato a Kiev una settimana prima che il conflitto scoppiasse. In quei giorni, c’era la sensazione che non avremmo visto tutto questo, la guerra non sembrava possibile. Le immagini dei bombardamenti in città ci hanno colpiti perché ci hanno preso alla sprovvista”.
La presenza russa sul suolo ucraino si fa sempre più forte di ora in ora. Nonostante un’operazione di terra su larga scala non sia ancora partita, mezzi del Cremlino sono già alle porte della capitale:
“Vicino Kiev un giornalista della Cnn si è ritrovato con i russi. Le truppe di Putin hanno già preso il controllo della città di Chernobyl“.
Quando gli viene chiesto di sbilanciarsi sui prossimi sviluppo della guerra, Emanuele è molto chiaro, quasi apodittico:
“Putin sembra intenzionato a prendere in fretta la capitale. Non può permettersi di prolungare troppo a lungo questa operazione. Una volta caduta Kiev, instaurerà un governo filorusso che faccia i suoi interessi. Lo scopriremo presto”.