“Tutti la ricordano solo come una ballerina, ma Carla Fracci era una grande donna, una vera artista”. Quando l’abbiamo sentita al telefono, Susanna Egri, 95 anni e alle spalle una brillante carriera nel mondo della danza, non sapeva ancora che la sua “carissima amica” se ne era andata da poche ore. “Ci volevamo molto bene – continua – sono profondamente addolorata, perché Carla era un’artista immensa, più di quanto la gente pensi”.
Carla Fracci aveva 84 anni. Per lei, la danza era armonia ed equilibrio tra disciplina ed emozione, tecnica e poesia, studio e pura espressione dell’anima. “C’è sempre un pensiero e il pensiero va con il movimento, il gesto sostituisce la parola”, aveva detto durante un’intervista.
Leggera e delicata sul palco, ma ferma e determinata nei suoi obiettivi, Carla ha attraversato i più grandi teatri del mondo, dalla Scala al Royal Ballet di Londra, dallo Stuttgart Ballet di Stoccarda al Royal Swedish di Stoccolma. “Prima ballerina assoluta” scriveva il New York Times nel 1981. “Eterna fanciulla danzante” la descriveva Eugenio Montale.
Amante dell’arte, Carla era legata a Torino. “È una città di cultura e di grandi donne della danza, come Loredana Furno e Susanna Egri”, aveva dichiarato in occasione della presentazione del suo ultimo spettacolo al Teatro Nuovo, dal titolo Sheherazade e le mille e una notte, diretto da Fredy Franzutti.
Nata a Milano da una famiglia umile (il padre era tranviere e la madre operaia), Carla trascorre i primi anni della sua vita in una casa di campagna, vicino a Cremona: un ambiente bucolico, selvaggio e libero. “Sono cresciuta tra i contadini e ben piantate nella terra ci sono le mie radici”, ricordava a distanza di anni.
Alcuni amici di famiglia si accorgono del suo evidente senso del ritmo e convincono i genitori a iscriverla, ancora bambina, alla scuola di ballo del Teatro alla Scala. Superate le audizioni, Carla entra a far parte di un mondo del tutto nuovo, rigido e austero, al fianco di importanti insegnanti, come Vera Volkova. I primi anni, però, sono molto duri per lei, lontana dalla spensieratezza della campagna cremonese. Poi, grazie a Margot Fonteyn, riscopre il senso della disciplina e dell’impegno e matura una profonda determinazione. A soli 12 anni danza alla Scala in La bella addormentata.
Dopo aver compreso l’importanza dei sacrifici per realizzare i propri sogni, si diploma nel 1954, diventando, dopo due anni, danzatrice solista e, nel 1958, prima ballerina. Nonostante l’ambizione e i grandi successi, l’étoile italiana conserva intatta la sua semplicità.
Tra la fine degli anni ’50 e gli anni ’70, danza con alcune compagnie straniere, come il London Festival Ballet e il Royal Swedish Ballet. E da 1967 è ospite dell’American Ballet Theatre, con eccellenti partner, tra cui Erik Bruhn, Rudolf Nureyev, con cui danzerà per oltre un ventennio, Mikhail Baryshnikov e, ancora, Amedeo Amodio e Paolo Bortoluzzi. Negli anni successivi, si esibirà anche al fianco di Roberto Bolle.
La maestria, la delicatezza nei movimenti e la capacità interpretativa la portano a ricoprire i ruoli più importanti, romantici e drammatici: da Giulietta a Swanilda di Coppelia, da Francesca da Rimini a La Sylphide, da Medea a Giselle, il “suo” personaggio per eccellenza, con il quale lascerà un’impronta indelebile nella storia della danza. Il matrimonio con il noto regista Beppe Menegatti nel ’64, con il quale darà alla luce il figlio Francesco, la porta a realizzare numerosi spettacoli, incarnando le figure principali, come Ariel, Ofelia e Turandot. Negli anni ’80, dirige il corpo di ballo del Teatro San Carlo di Napoli, nel ’96 quello dell’Arena di Verona e, dal 2000 al 2010, anche quello del Teatro dell’Opera di Roma.
Le sue doti innate e i suoi successi la spingono a portare la danza in altri contesti, come la televisione e il cinema. Nel ’67 entra a far parte del cast di Scarpette rosa di Vito Molinari in vari show del sabato sera. E nel 1982, è protagonista della fiction Rai dal titolo Verdi, diretta da Renato Castellani, nel ruolo di Giuseppina Strepponi. Debutta sul grande schermo con Storia vera della signora delle Camelie (1981) di Mauro Bolognini, al fianco di Gian Maria Volonté e Isabelle Huppert.
Il suo contributo, però, va oltre la danza. Si impegna anche nell’ambito politico, diventando assessore alla Cultura della Provincia di Firenze dal 2009 al 2014.
Per lei, la danza rappresentava la più alta forma di espressione delle proprie emozioni. Non era “piedi e gambe, ma testa”, diceva. “Solo il pubblico, alla fine dello spettacolo, mi riporta alla realtà”, era solita ripetere. Con grazia ed eleganza nei movimenti, Carla Fracci era capace di far sognare il pubblico, di trasportarlo in un’altra dimensione, con determinazione e ammirevole umiltà. Sempre energica, ma in punta di piedi.