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Economia Circolare: un dottorato al passo coi tempi

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Fare la differenza con un dottorato che guarda al futuro, all’ecosostenibilità e all’economia circolare, cioè al riutilizzo di rifiuti e scarti per evitare lo spreco di risorse e di denaro. Da due anni l’Università di Torino offre un percorso altamente specializzato e innovativo, unico nel suo genere in Italia. Il dottorato in “Innovation for the Circular Economy” è coordinato da Francesco Quatraro – docente di Politica economica e direttore del Circular Economy Lab dell’Innovation Center ICxT – e coinvolge i dipartimenti di Chimica, Economia, Sociologia e Studi politici. Il percorso di studi è nato grazie al contributo di Intesa San Paolo e con il patrocinio del Comune ed ha l’obiettivo di formare persone e creare profili professionali in grado di interfacciarsi con un mondo che si trasforma e un mercato che cambia.

«Stiamo andando oltre la capacità produttiva del nostro paese ed è necessario quindi invertire la rotta. Il modello di business va ripensato anche per l’impatto che la produzione di beni del nostro sistema economico ha sull’intero pianeta», spiega Nadia Lambiase, una delle dottorande e fondatrice di Mercato Circolare, startup innovativa a vocazione sociale, impegnata a informare e incentivare gli utenti in merito all’acquisto di beni e servizi proposti dalle imprese che operano secondo i principi dell’economia circolare. «Uno dei pilastri di questo sistema ecosostenibile è la valorizzazione dell’uso rispetto al possesso, il privilegiare tutte quelle forme di condivisione che offrono un servizio invece di un prodotto», afferma Lambiase.

La stessa logica che sta alla base di forme di car sharing come BlaBlacar e Uber, di piattaforme che mirano alla collaborazione come Airbn. Un ripensamento del modello economico fondato su tre parole – chiave: riuso, riutilizzo e condivisione. Un impiego delle tecnologie per un modello di economia circolare, all’interno della quale professionisti, consumatori e semplici cittadini mettono a disposizione competenze, tempo, beni e conoscenze per la creazione di legami virtuosi che si basano sull’utilizzo della tecnologia in modo relazionale. L’economia circolare implica un cambio di paradigma, cioè l’impiego d risorse rinnovabili biologiche come materia prima per la produzione.

Si tratta di una sfida per un mondo più sano e rispettoso delle risorse naturali a disposizione, che sempre più persone stanno raccogliendo. Così facendo si promuovono nuovi stili di vita che prediligono il risparmio o la ridistribuzione del denaro, favorendo la socializzazione e la salvaguardia dell’ambiente. Ma le persone sono disposte a favorire del tutto questa rivoluzione? «Non so se siamo pronti a questo cambio di passo, forse in troppi sono ancora attaccati all’idea di possesso del bene. Indubbiamente l’Università ha il compito di affrontare queste nuove sfide», afferma Lambiase. E per farlo è necessaria la contaminazione, l’interdisciplinarietà. «Il dottorato ha il merito di mettere insieme aspetti e competenze diverse. Io partivo da un percorso universitario sociologico ed e stato interessante confrontarsi con la chimica e la scienza naturale, discipline che prima non conoscevo affatto. Studiare il significato della capacità di rigenerarsi della terra e gli effetti della produzione di plastica insieme ai nuovi modelli di business che possono scaturire da essa è stato davvero stimolante», sostiene la dottoranda.  

Secondo il Circular Economy Network, l’Italia è prima nelle classifiche europee dell’indice complessivo di circolarità, ovvero il valore attribuito secondo il grado di uso efficiente delle risorse, utilizzo di materie prime e innovazione nelle categorie produzione, consumo, gestione rifiuti. Questo però non deve esimere da un impegno ancora maggiore. Uno sforzo che è richiesto a tutti i cittadini e che va nella direzione proposta dall’Università di Torino con il suo dottorato.

 

RICCARDO PIERONI

 

 

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