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Earth Day: salvaguardiamo i mari dall’inquinamento acustico

“Restore Our Earth”. Il titolo tematico della Giornata mondiale della Terra di oggi, giovedì 22 aprile, può tradursi in molti modi. Il punto di convergenza, però, è quello di una ripartenza comune: un reset mentale e ideologico ancor prima che politico e istituzionale. Sulla scia dei Fridays for Future, è anche l’occasione di celebrare il nostro pianeta a livello mondiale.
L’Earth Day nasce in America nel 1969 (verrà celebrato per la prima volta l’anno seguente) da un’idea del senatore democratico Gaylord Nelson e ricorre annualmente a un mese e un giorno dall’equinozio di primavera.

Quest’anno, in occasione della ricorrenza, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha predisposto un summit virtuale coinvolgendo 40 leader mondiali. L’obiettivo è quello di pianificare strategie più efficaci nell’ottica della tutela e della salvaguardia del nostro pianeta.

Giornata mondiale della Terra significa sensibilizzare rispetto a tematiche spesso sottovalutate, come l’inquinamento acustico negli oceani.

L’universo sottomarino è un mondo a sé stante, complesso e sfaccettato. Quando pensiamo al fondale degli oceani subito immaginiamo una distesa dai riflessi blu-verdi, abitata da numerose specie di animali colorati e piante che vivono in totale sinergia. Quando pensiamo al mare subito la nostra mente rievoca l’immagine di un ecosistema affascinante: leggero, calmo, afono. Ma la realtà marina è tutt’altro che silenziosa.

Sotto la superficie oceanica vi è un ambiente acustico naturale, grazie al quale la fauna comunica, si orienta nell’universo ed evita gli ostacoli. Un concerto di suoni impercettibili all’orecchio umano, udibili solo attraverso degli idrofoni, microfoni sofisticati progettati per essere utilizzati sott’acqua e in grado di captare i rumori sottomarini.

Ed è proprio per l’incapacità di percepire le “voci” dell’oceano che, spesso, l’uomo agisce come se tutto ciò non esistesse. I rumori prodotti dalle attività umane minacciano la vita delle specie marine. Ogni singolo suono artificiale, emesso da navi e sonar, costituisce un rischio enorme per la sopravvivenza di mammiferi marini, pesci e invertebrati. Alcuni di essi, per evitare il frastuono delle imbarcazioni, reagiscono con l’allontanamento e la fuga. Altri, invece, in particolare quelli che si muovono più lentamente, ne vengono sopraffatti.

“È difficile quantificare i rischi, che sono ancora in fase di studio su numerosi gruppi animali, perché dipendono dal livello di esposizione del rumore – spiega Livio Favaro, responsabile del laboratorio di Biologia marina nel dipartimento di Scienze della vita e Biologia dei sistemi all’Università di Torino –. Le sorgenti acustiche, come gli air guns, cannoni d’aria che rilasciano scoppi ed energia acustica, e i sonar militari rilasciano energia acustica in mare in modo puntiforme e provocano danni diversi a seconda delle specie animali: emorragie, distacco della vescica natatoria e alterazione della percezione dei suoni”.

Significativo è il caso di alcune specie di balene, in grado di comunicare tra loro, di esplorare e di avvertire i pericoli, anche a grandi distanze, attraverso l’ecolocalizzazione: i suoni sintetici possono minare le loro capacità di orientamento, oltre che rappresentare un enorme e deleterio fattore di stress.

“Nei mammiferi marini, si verificano danni fisiologici all’orecchio. Gli esemplari di deep divers subiscono danni a causa del noise: riemergono in superficie senza rispettare le tappe compressive necessarie alla risalita, sviluppando emboli di grasso nei tessuti, che portano alla morte e allo spiaggiamento”, afferma Favaro.

Secondo il 90% degli studi, l’inquinamento acustico provoca pericolose modifiche comportamentali, compromettendo le funzioni vitali degli animali. “Danni importanti si hanno anche nel plancton, dove stanno le fasi giovanili di invertebrati marini o uova di pesci. A causa delle batterie di air guns, il 95% di zooplancton viene distrutto e condotto alla morte”, sostiene il responsabile del laboratorio di Biologia marina.

Il grande problema nei mari è dato dall’esposizione di rumore “cronico”. Le acque sono costantemente sottoposte al transito navale, che crea un rumore udibile dagli organismi marini. Si origina così un muro acustico costante in certe zone, per cui molti gli animali, per comunicare, sono costretti a produrre suoni con un dispendio maggiore di energia.

Come è possibile contrastare l’inquinamento acustico negli oceani? “Ci sono studi che tentano di trovare misure di mitigazione, limitando l’uso di air guns e sonar militari laddove ci sono specie sensibili. Sono state definite delle linee guida e delle aree protette, dove le imbarcazioni non possono accedere”, aggiunge.

Nonostante tutto, però, il problema persiste. “Fino a che non riduciamo la nostra richiesta di idrocarburi, ci sarà sempre bisogno di navi cargo e air guns, che transiteranno nei nostri mari”, conclude Favaro.

È solo modificando il proprio stile di vita che l’uomo potrà cambiare anche quello della fauna marina.