L’ultimo censimento Istat relativo al 2020 mostra che le donne rappresentano il 51,3% della popolazione italiana: seppur di poco sono la maggioranza. A fronte di questo dato, nei consigli regionali italiani – gli organi legislativi più prossimi ai cittadini – si assiste a un deficit di rappresentanza femminile che ha del paradossale. Le legge 20 del 2016, che modifica la disciplina sull’elezione degli organi regionali per garantire l’equilibrio di genere, impone la regola del 60%. In particolare, a prescindere dal sistema di voto e, specialmente, quando si consente all’elettore di esprimere le preferenze sui candidati in consiglio, la regola è che le liste dei partiti prevedano una presenza non superiore al “60 per cento del totale” di persone dello stesso sesso. Le liste devono consentire, inoltre, “l’espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l’annullamento delle preferenze successive alla prima”.
Se si guarda all’attuale composizione dei consigli regionali, permane la netta presenza maschile. Infatti solo Il Veneto e l’Emilia-Romagna garantiscono almeno il 40% di donne nell’organo. L’Umbria, la Toscana e il Lazio attestano una percentuale superiore al 30%, ma nella gran parte delle regioni tali proporzioni non sono ancora diffuse: la Basilicata è ultima, con circa una donna su 10 uomini (2 su 21 componenti).
In Piemonte, la presenza femminile in consiglio regionale è bassa: le donne sono otto su 51 componenti e rappresentano il 16% del totale. È l'unica regione a statuto ordinario a non aver adeguato la disciplina elettorale alla legge del 2016 e, dunque, non ha garantito la doppia preferenza di genere nell'ultimo rinnovo dell'aula, tenutosi nel 2019. Il ritardo è ancora più grave se si guarda al trend demografico del Piemonte, risultante dall'ultimo censimento Istat, allineato con quello statale con il 51,6% di donne residenti contro il 48,6% di uomini.
Sara Zambaia, consigliera di maggioranza della Lega - il partito che ha ottenuto 23 seggi, 3 dei quali occupati da donne - fa il punto della situazione. "Ci stiamo lavorando - dichiara -, è stato istituito un gruppo di lavoro che ha il compito di produrre un testo unico, per riunire le varie proposte presentate, e che andrà nella direzione non solo della parità di genere - e quindi del mantenimento della proporzione 60%-40% nella composizione delle liste - ma anche nell'inserimento della doppia preferenza".
Dal 2019 è in cantiere una proposta di modifica promossa proprio dalla maggioranza in consiglio regionale. Secondo Zambaia, la revisione non ha ancora visto la luce per le tecnicalità insite in qualsiasi legge elettorale: "La materia è ostica, e la discussione ha riguardato principalmente le modalità di ripartizione dei seggi". La consigliera evidenzia, inoltre, la mancanza di accordo politico. "Non è stato raggiunto, non tanto sulla modifica nel senso delle pari opportunità - prosegue - ma sul resto della legge, purtroppo a svantaggio di una misura che, in caso positivo, avremmo potuto avere già nel 2019".
"Questo rappresenta un fallimento della politica piemontese, che non ha saputo creare le condizioni per la parità di genere. La politica senza donne è una politica dimezzata", commenta Monica Canalis, consigliera regionale in quota Pd. "Per il 2024 la doppia preferenza ci sarà - prosegue -, se non altro perché bisognerà adeguarsi alla legge del 2016". La proposta, presentata dalla Lega, che è attualmente in lavorazione prevede, oltre alla doppia preferenza, l'abolizione del listino bloccato maggioritario e la revisione delle soglie di sbarramento. "Noi siamo favorevoli, e non penso che ci sarà un particolare ostruzionismo", sostiene Canalis. "Non si parla di una quota rosa né di un'imposizione, ma di una facoltà aggiuntiva per l'elettore, che tra l'altro è già stata introdotta nelle elezioni per i comuni con più di 5mila abitanti".
La calendarizzazione e successiva discussione della proposta sono dunque in stand-by: attualmente, i lavori consiliari sono stati dirottati sull'approvazione della legge regionale di bilancio. Nel frattempo, le cittadine si mobilitano. Dal 23 febbraio a Torino è partita una raccolta firme itinerante per presentare una proposta di riforma della legge elettorale. La petizione è promossa da Torino Città per le donne, una onlus che cerca di diffondere la cultura della parità di genere e dell'inclusività.
"La doppia preferenza di genere è importante, con questa azione di pressione civica chiediamo che le donne partecipino attivamente alla vita politica della nostra regione" - dice Antonella Parigi, fondatrice di Torino Città per le Donne. In merito al ritardo, commenta con una certa ironia: "Si parla di questioni delicate, significa che un pezzo debba rinunciare a del potere per darlo a un altro pezzo di società. Non è così immediato". Le firme necessarie sono almeno 9mila e, a prescindere dal risultato finale, si punta a coinvolgere le persone nella vita politica. Perché, come sostiene Parigi, "c'è troppo disinteresse, bisogna tornare a impegnarsi".