La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Donne e scienza, un rapporto complicato: tante laureate, ma poche docenti

condividi

Un pavimento appiccicoso. È così che si vede il mondo scientifico con gli occhi delle donne. Lo sostiene Barbara Saracino, dottoressa di ricerca in Metodologia delle scienze sociali alla Federico II di Napoli. Insieme a Giuseppe Pellegrini, presidente di Observa Science in Society e docente all’università di Padova ha curato la stesura dell’Annuario 2018 Scienza Tecnologia e Società, realizzato con il sostegno di Compagnia San Paolo. I due ricercatori presenteranno il documento nell’ambito di Giovedìscienza, l’8 marzo alle 17.45 presso l’aula magna del Campus Luigi Einaudi. Il rapporto fotografa una situazione in miglioramento, ma ancora lontana dalla media europea. Le docenti universitarie in Italia sono solo il 37,5%, una percentuale seconda soltanto a Malta in Europa, lontanissime della media dell’Unione che si attesta sul 41,6% (dati 2014). Il Paese con la maggior partecipazione femminile nel settore accademico è la Lituania, dove le docenti donne sono il 56%.

Le ragioni di questa distanza dipendono sia dalla situazione storico-politica che da una serie di agevolazioni che avvantaggiano le donne in tutti i settori, non solo quello scientifico. In Italia, i problemi che incontrano le donne che lavorano in ambito scientifico sono principalmente di due tipologie: “Da un lato una segregazione verticale“, spiega Barbara Saracino, “che a partire da un numero di laureate e ricercatrici assottiglia il numero delle donne che fanno carriera, dall’altro quella orizzontale, che limita l’accesso a settori di ricerca non tradizionalmente ‘femminili'”. Due fattori che agiscono come un pavimento appiccicoso, appunto.

La disparità, secondo i due ricercatori, deriva da una serie di concause. Il primo problema riguarda l’immagine della scienza: “Troppo spesso i modelli a cui i ragazzi e le ragazze possono ispirarsi durante i loro studi sono maschi. Bisognerebbe correggere il tiro, proponendo più immagini di ricercatrici”, spiega Saracino. Tuttavia, secondo Pellegrini, il vento sta cambiando. “Rispetto agli anni passati, l’affermazione delle figure femminili in ambito scientifico è aumentata, per esempio con personaggi come Samantha Cristoforetti o Fabiola Gianotti. Questo aspetto ha avuto anche un’eco a livello di alfabetismo visuale: è più facile che queste scienziate vengano riconosciute dal pubblico”. Un altro problema è “la solidarietà tra uomini che va a sfavore delle donne”, continua Pellegrini, “e, in alcuni casi, l’atteggiamento poco favorevole delle donne nei confronti di altre donne”. Anche la maternità e la conseguente assenza dal lavoro per qualche tempo può rendere complicato il percorso per raggiungere le stanze dei bottoni. “Si tratta di periodi di assenza che non possono essere recuperati“, conclude il professore.

LISA DI GIUSEPPE