Razzismo e sessismo raddoppiano le difficoltà per le donne migranti: non solo faticano ad acquisire credibilità all’interno dello status di vittime, ma per loro è anche più complicato l’accesso ai servizi alla salute, alla giustizia, all’autodeterminazione. Oggi, 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne, non si può dimenticare la situazione di chi si trova incastrato in un doppio stato di emergenza.
Sono donne, sono straniere e il Rapporto Immigrazione 2021, attraverso i dati raccolti, racconta la loro storia, una storia di sopruso e difficoltà, che la pandemia ha esacerbato. “La violenza sulle donne è aumentata durante il Covid-19”, sono le parole di Simone Varisco, curatore del Rapporto redatto da Caritas e Migrantes. Nonostante una diminuzione del fenomeno nel primo periodo dovuto al lockdown, la relazione sui dati riguardanti la violenza di genere e domestica nel periodo di applicazione delle misure di contenimento per l’emergenza da Covid-19, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, ha registrato impennate in seguito alle riaperture. Differenza Donna, una Ong nata a Roma nel 1989, ha riportato che circa la metà delle assistite nei loro centri anti violenza è composta da donne migranti. “Dispongono infatti di una minore rete sociale, che le rende maggiormente bisognose di ospitalità e di messa in protezione quando sono in fuga dalla violenza” ha sottolineato Varisco.
Le forme di violenza subite dalle donne straniere sono principalmente fisiche e di grave entità, e si registrano sia nelle relazioni iniziate nel Paese d’origine (68,5%), ma anche all’interno di relazioni avviate in Italia (19,4%). Lo sfruttamento è soprattutto di natura sessuale, numeri alla mano: il 77% delle donne migranti subisce violenza di questo genere. Il 16% è invece vittima sia di sfruttamento lavorativo, sia sessuale. L’ 1% ha dovuto sposarsi contro la propria volontà. Sono questi i dati riportati nel Rapporto Immigrazione.
La pandemia ha creato anche un altro cortocircuito. Sempre Differenza Donna ha registrato un calo drastico degli accessi ai luoghi di assistenza. Le chiusure hanno costretto le donne maltrattate a un’emergenza nell’emergenza: l’obbligo di reclusione le ha private di quegli spazi di libertà, come portare i figli a scuola, o fare la spesa, utili per inoltrare le richieste di aiuto. Sono state messe in atto strategie alternative per rafforzare i canali comunicativi, come la messaggistica su Facebook, Whatsapp, Instagram, per permettere di contattare i centri di assistenza senza dover telefonare.
Tra le tante conseguenze del Covid-19 ci sono poi le ricadute economiche che si riflettono in ulteriori disagi sociali. Sul fronte occupazionale molte donne straniere hanno infatti perso il posto di lavoro, precipitando in una situazione di dipendenza e quindi esposizione allo sfruttamento. “Questo è successo perché i loro impieghi sono spesso precari e non regolarizzati. Inoltre sono inserite in attività, come la ristorazione o la cura della casa e delle persone, che sono stati i primi a risentire le conseguenze della crisi economica” spiega ancora Varisco.
Il Rapporto Immigrazione fotografa una situazione difficile, le donne migranti non solo devono affrontare le difficoltà di genere, ma sono vittime di una violenza secondaria, spesso le loro richieste di aiuto si traducono in azioni punitive da parte delle istituzioni. Il Rapporto di Caritas e Migrantes rileva un’alta percentuale di donne migranti a cui è stata limitata la responsabilità genitoriale, sino alla sottrazione forzata dei figli, in seguito a denunce di maltrattamenti in famiglia.
Sole, vulnerabili e colpevoli di essere non solo donne ma anche straniere. Il Rapporto Immigrazione 2021 potrebbe essere un buon punto di partenza per un cambiamento culturale e organizzativo ormai necessario per non disattendere i principi democratici e normativi italiani.