Da due lunedì, in occasione del Consiglio comunale, intorno al monumento al Conte verde che fronteggia Palazzo civico a Torino si ritrova una pattuglia di cittadini. Sono lì per protestare contro il caro delle bollette Iren. Ma anche per il nodo delle installazioni delle termovalvole negli alloggi delle case di edilizia popolare, trattata anche nella seduta del 20 marzo della assemblea cittadina. Jacopo Rosatelli, assessore alle Politiche sociali della Città, è intervenuto sul tema a seguito di un’interpellanza, specificando che termovalvole e contabilizzatori devono ancora essere installati nel 20% degli alloggi popolari. La questione della casa è una grande problematica che investe le persone fragili. Tra queste ci sono persone che vivono una situazione di difficoltà economica, ma anche emarginate a livello sociale o con problemi psichiatrici. Di queste situazioni di difficoltà ha parlato con Futura.
Negli ultimi anni si è ampliata la platea delle persone fragili, anche dal punto di vista economico. Quali sono gli strumenti principali che utilizzate per affrontare il problema?
Nella nostra società, compresa quindi anche la nostra città, sono aumentate le diseguaglianze. È un grave problema, oltre che un’ingiustizia. Noi abbiamo in campo una serie di misure che cercano di affrontare vari aspetti. C’è un problema forte, che è quello legato all’abitare. Quindi il problema è quanto sia sostenibile per persone in condizione di povertà fare fronte alle spese di alloggio, sia quando si è in un contratto d’affitto privato, sia anche quando si è inseriti nelle case di edilizia popolare. Quindi noi, insieme anche alle altre amministrazioni comunali della provincia, con la Regione Piemonte e con l’Agenzia territoriale per la casa, stiamo lavorando per provare a prevenire l’aggravarsi delle situazioni. Quando una persona assegnataria di un alloggio popolare accumula morosità, se non si interviene, perde il diritto di stare in una casa popolare: per esempio siamo impegnati a far conoscere agli abitanti dei caseggiati popolari l’esistenza di un fondo a cui si può accedere per avere un sostegno per l’affitto della casa popolare. Dal punto di vista delle politiche per la casa, quindi stiamo cercando di fare molto perché è uno dei maggiori elementi di problema.
Problema nel problema sono le periferie. C’è un’attenzione particolare?
Ci stiamo muovendo anzitutto con il governo, chiedendo di intervenire sul nuovo fondo per le periferie inclusive, che sarà destinato alle persone con disabilità e in particolare quelle che vivono nelle periferie delle grandi città: queste risorse vanno pagate direttamente ai comuni a sostegno di quello che stanno già facendo, senza inventarsi nuove cose che potrebbero paradossalmente quasi indebolire le iniziative in corso. Sulla casa, abbiamo chiesto al governo di rifinanziare il fondo statale che serve a contrastare la morosità, dopo che si è persa l’occasione dell’ultima finanziaria: da questo punto di vista siamo molto preoccupati.
A questo proposito è in corso una protesta per l’aumento delle bollette di Iren, nella quale rientra la questione delle termovalvole negli alloggi popolari gestiti da Atc, di cui mi parlava anche prima. Che succede?
Su questa vicenda il Comune di Torino certamente deve fare la propria parte, lo dico io, cioè deve riuscire a chiedere all’Atc di installarle davvero nei caseggiati popolari che ancora ne sono privi: è davvero importante, ed effettivamente ancora non è stato fatto in maniera sufficiente. Quindi, su questo c’è un’intenzione comunale di fare di più, segnalando la difficoltà che le amministrazioni comunali tutte hanno nell’avere risorse per questo genere di interventi, proprio perché, se da parte dello Stato centrale risorse per l’edilizia pubblica non arrivano, noi come comuni non possiamo intervenire.
Alcuni cittadini hanno denunciato poca chiarezza sui contratti tra Comune e Iren per il teleriscaldamento.
Dal punto di vista degli appartamenti teleriscaldati e quindi di Iren, c’è stato un ruolo determinante del Comune affinché la multiutility mettesse in campo due differenti bonus: noi abbiamo fatto uno sforzo comunicativo per far sì che le persone potessero accedere a questo bonus. A volte mi rendo conto che districarsi può essere complicato, ma il Comune ha fatto una convenzione con tutti i centri di assistenza fiscale quindi quello che io dico alle persone e alle famiglie è di riferirsi o ai servizi sociali, territoriali di competenza oppure ancora meglio ai centri di assistenza fiscale sul territorio per poter essere adeguatamente orientati verso questo, a volte complicato, insieme di bonus che però ci sono e sono opportunità importanti.
Avete da poco celebrato il cinquantesimo anniversario della chiusura dell’ospedale psichiatrico di via Giulio: l’assistenza psichiatrica rimane però un tema assolutamente attuale. In questo momento quali iniziative state mettendo in campo su questo fronte?
Partiamo dalle persone con problemi psichiatrici che si trovano nelle condizioni di maggiore difficoltà, quelle senza dimora o affette da dipendenze. Rispetto a queste persone, che hanno bisogno della maggior tutela possibile, abbiamo firmato ormai quasi un anno fa un protocollo d’intesa con la Regione Piemonte, l’Asl città di Torino, insieme ad altri soggetti del volontariato e della società civile, che attende di essere ancora pienamente realizzato: ci siamo impegnati ad agire con altre istituzioni e purtroppo non si sta facendo ancora in maniera sufficiente. Per esempio serve andare per strada e incontrare le persone senza dimora: ci sono gli operatori sociali mandati dal Comune, ma mancano quelli sanitari che dovrebbe mandare l’Asl che potrebbero rendere più efficace l’intervento su persone affette da problemi psichiatrici particolarmente fragili.
Con la sanità la collaborazione è a zero?
No, ci sono alcune cose che stiamo facendo insieme all’azienda sanitaria: attività di accompagnamento all’autonomia abitativa, attività di monitoraggio e supporto rispetto a inserimenti lavorativi che sono delle attività che vengono svolte, ordinariamente, sulle quali certamente ci sono margini di miglioramento, proprio perché c’è sempre margine di miglioramento quando si parla della tutela delle persone affette da problemi di salute mentale. Oggi noi vogliamo vivere in una società libera, dove le persone siano anche, tra virgolette, libere di vivere per strada. Ma quelle persone non vogliamo lasciarle sole o senza tutela e quindi c’è la necessità forte di riuscire ad agganciarle e accompagnarle, ovviamente non contro la loro volontà, dentro percorsi di reinserimento sociale per poterli anche considerare, come ogni persona umana è, delle risorse per la società.
Foto di Gianluca Platania