È una delle principali case di produzione italiane, portatrice di quell’innovazione che ha segnato il successo di Gomorra. È nata alla fine negli anni ’90 dall’intuizione del suo fondatore, il produttore cinematografico Riccardo Tozzi. “Quando abbiamo creato Cattleya la tv andava bene, mentre il cinema era un disastro – spiega -. Ho dato vita alla società con la certezza che tre caratteristiche sarebbero state essenziali per far sì che il progetto funzionasse. Innanzitutto avrebbe dovuto avere una sua forza professionale, così come un suo apparato editoriale. Ma soprattutto avrebbe dovuto attenersi a fonti precise: i libri”. Così è stato, tanto che su 80 film realizzati negli anni, 60 sono stati creati seguendo le vicende raccontate nei romanzi. “Era una cosa che prima non c’era” dice Tozzi, mentre racconta come Cattleya abbia portato nell’ambiente delle produzioni cinematografiche diverse novità. Tra queste l’aspetto vincente, che si esprime tramite i suoi professionisti: “Abbiamo valorizzato figure come sceneggiatori e produttori, in un momento in cui, nel mondo del cinema, erano un po’ in disparte”.
Sul palco del Festival della Tv di Dogliani c’è chi è cresciuto insieme alla società, una macchina del cinema che funziona da trent’anni. Sono proprio i suoi registi, i suoi sceneggiatori e i suoi produttori. Ognuno racconta la propria esperienza e il suo punto di vista. Lo fa Daniele Lucchetti, che tra gli altri ha firmato la regia di Mio fratello è figlio unico. Film che, oltretutto, pensava sarebbe stato l’ultimo della sua vita: “Al tempo fare cinema significava lavorare un po’ ad occhio: ci si dimenticava delle cose stabilite in precedenza, non si parlava troppo di copione – racconta. – La cosa contraria accadeva nella pubblicità, altro settore in cui ho lavorato. Quando ho incontrato per la prima volta Cattleya ho trovato la volontà di creare un prodotto con cura, senza la fretta di cui avevo risentito in altri contesti. Sul set di Mio Fratello è figlio unico è accaduto che, mentre giravamo la scena 14, un delegato di produzione mi chiese le motivazioni di un cambio di scena. Rimasi stupito, non accadeva spesso che la produzione interagisse così con i suoi registi”. Rigore e attenzione, ma senza rinunciare alla creatività e all’aspetto artistico di ogni opera.
Durante l’incontro si parla anche di uno dei volti che, per anni, è stato associato a Cattleya: Riccardo Scamarcio, Step in Tre metri sopra il cielo. Un film che per la casa di produzione ha rappresentato una vera e propria scommessa, decisamente vinta. Francesca Longardi, produttrice, racconta con il sorriso come è nata l’idea di realizzare il film. “Riccardo Tozzi era andato in una copisteria e aveva notato che molte ragazze si facevano fotocopiare un libro. Così, incuriosito, ha chiesto informazioni a suo figlio, il quale gli spiegò che si trattava di una storia d’amore di cui tutti parlavano tra i banchi di scuola. Ci siamo messi al lavoro e abbiamo dato vita ad un film guardato e riguardato da intere generazioni”. Un vero e proprio fenomeno, entrato nell’adolescenza di migliaia di persone. “E nelle città, italiane e non, i ponti sono pieni di lucchetti. Una reazione strabiliante. A Ponte Milvio ce n’erano così tanti che in seguito è stato messo il divieto di lucchettare lì la propria promessa d’amore”.
Da un successo all’altro, tramite contenuti anche molto differenti. La serie Gomorra ha rappresentato un altra grande soddisfazione, forse la più grande. Al lavoro di produzione ha partecipato anche la regista Francesca Comencini: “All’inizio ci siamo trovati in avventura folle. Era una serie nuova e piena di sfide, ma penso che il successo sia dovuto al fatto che siamo rimasti bene attaccati alle storie e ai personaggi”. Una visione condivisa da Tozzi, che racconta di essersi battuto con tutto sé stesso per mantenere l’uso della lingua napoletana, necessaria per raccontare in maniera completa i personaggi e i contesti.
La realtà è una costante di riferimento nelle produzioni di Cattleya, che desidera raccontarla con naturalezza, dando voce ai temi sociali emergenti. La questione dell’emancipazione femminile è sicuramente uno di questi, ma se ne aggiunge anche un altro. Si tratta della questione della memoria, che Cattleya tratterà dedicandosi ad un famoso caso di cronaca nera: la strage di Erba. “La memoria viene intesa come qualcosa di oggettivo e scientifico – spiega Maria Sole Tognazzi, regista– e invece è qualcosa che cambia e si evolve. Daremo voce a questo, elaborandolo e cercando di avviare una riflessione tramite la narrazione di una vicenda che, comunque, ha segnato il nostro Paese ”.