In Cile la sinistra torna al governo. Grazie a un giovane uomo di 35 anni che con i partiti tradizionali aveva poco a che fare. Gabriel Boric è riuscito a imporsi nelle elezioni presidenziali con il 55,8% dei voti, prevalendo sul candidato del Partito repubblicano (estrema destra) José Antonio Kast, di ispirazione marcatamente pinocheista.
L’exploit di Boric è importante non soltanto perché rappresenta il profilo presidenziale più di sinistra dai tempi di Allende, ma anche per via del suo passato politico, che lo ha visto impegnato in prima linea nell’ondata di proteste che ha preso piede in Cile nel 2011, e che ha coinvolto il movimento degli studenti. Un fronte che, partendo dalla piazza, è riuscito prima a ritagliarsi uno spazio politico rilevante e, successivamente, a strutturare una proposta politica concreta, permeando le istituzioni e compiendo il salto da opposizione spontaneista a parte integrante della nuova classe dirigente cilena.
E in Italia? Qualcosa (poco) si è visto anche da noi. In passato Marco Boato o Mario Capanna hanno giocato un ruolo nella politica italiana. Ma negli ultimi anni non sono molti i nomi di ex portavoce dei movimenti giovanili che hanno assunto responsabilità politiche. Nel nostra Paese l’ultimo esempio rilevante risale al 2008 e alla cosiddetta “Onda Anomala”, espressione usata per designare complessivamente il movimento di studenti universitari e medi sviluppatosi negli atenei e nelle scuole superiori italiane nell’autunno del 2008, incassando l’endorsement di intellettuali di primo piano come Ezio Mauro, Umberto Eco, Massimiliano Fuksas, Stefano Rodotà e Salvatore Settis.
Tuttavia, nonostante l’entusiasmo iniziale e le adesioni trasversali, quel movimento non è si è trasformato in un’alternativa politica concreta, come accaduto in Cile con Boric. “Abbiamo avuto l’illusione di potere influenzare il dibattito, ma purtroppo non conoscevamo le regole del gioco”, racconta a Futura News Giovanni Pagano, ex portavoce di Onda e reduce da un’esperienza nella giunta napoletana guidata da Luigi De Magistris, dove ricopriva il ruolo di assessore con delega al lavoro e alle politiche sociali.
Su una cosa, però, Pagano non ha dubbi: “Con tutti i limiti del caso, il nostro merito principale è stato quello di avere posto il tema del cambiamento della classe dirigente, ma è stato un miracolo riuscito soltanto a metà. La vittoria di Boric in Cile ci insegna che il salto dalla piazza alla politica rappresentativa può avvenire soltanto con una proposta strutturata”.
La passione politica, Pagano, è nata sui banchi di scuola: “Ero già abbastanza attivo nella politica liceale: quando abbiamo dato inizio all’esperienza di Onda, mi trovavo al secondo anno di università. L’Italia era un paese diverso: in quegli anni si ricominciava, finalmente, a parlare di futuro”.
Un moto spontaneo nato in opposizione a una riforma che ha anticipato la stagione d’oro dei tagli all’istruzione e alla ricerca: “L’Italia anticipò le manifestazioni nel 2008 – prosegue Pagano –, tra settembre e ottobre si iniziava a discutere della manovra finanziaria e delle sue possibili ricadute. La crisi dei mutui subprime intersecava il tema del finanziamento alla scuola: in quel momento, per il Paese, tagliare la ricerca significava privare le generazioni future delle possibilità di cui quelle precedenti avevano usufruito: un passo indietro clamoroso”.
L’Onda fu uno dei primi movimenti a mobilitarsi grazie alla rete, sfruttando le nuove possibilità offerte dai social network: “In Italia, Facebook ha vissuto una crescita importante nel 2008, proprio in coincidenza delle proteste: ricordo ancora che, coordinandoci sui social, riuscimmo a radunare diecimila studenti durante la prima assemblea all’Orientale: eravamo increduli. Da questo punto di vista, abbiamo creato un vero e proprio precedente”.
Non a caso, l’esperienza di Onda è stata studiata e replicata anche al di fuori dei confini italiani: “Avevamo una struttura capillare ed efficace. Il motore propulsore era rappresentato dal nostro sito, UniRiot, un network di realtà che si confrontavano tramite la rete. Entrammo in contatto con diversi collettivi in Spagna, in particolare con il nucleo primordiale degli Indignandos”. L’esperienza spagnola gettò le basi di un moto politico che dura tuttora: “Studiarono la nostra piattaforma e le nostre modalità d’aggregazione. Alla fine, sono riusciti a fare meglio di noi, anche perché si sono posti il problema dell’occupazione dello spazio politico, come dimostrano gli esempi di Podemos e del ricambio della classe dirigente all’interno del Partito socialista spagnolo”.
Un’evoluzione che, per diversi motivi, non ha interessato il movimento dell’Onda: “Bisogna porsi il problema del cambiamento e della presa del potere: dimostrare di saper restare all’interno delle istituzioni fa tutta la differenza del mondo. Si deve tornare a parlare di come si conquista l’egemonia e di come riuscire a rimanere in sella al toro meccanico della politica italiana., costruendo rapporti di forza in grado di cambiare gli equilibri. Alla fine abbiamo perso, anche perché i tagli sono stati portati a compimento”.