La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

“Da un cammino non si torna mai del tutto”, la vita a piedi del giornalista Corradino

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“Il primo giorno di cammino sei ancora travolto dai problemi della vita quotidiana, poi ti accorgi che fuori esiste un mondo fatto di piante, nubi, campi, sassi e fiori e cominci a vedere questo mondo intorno a te e a sentire che fai parte di questo mondo”. Dario Corradino non cammina da sempre. La vita professionale l’ha dedicata alla penna, con una carriera nella redazione de La Stampa che l’ha portato a diventare caporedattore centrale e una passione, quella per il giornalismo, mai abbandonata. Ancor oggi parla ai giovani aspiranti colleghi dell’importanza dell’etica nel mestiere. Un esercizio quasi spirituale, un po’ come il cammino. “Quando fai il giornalista ti dicono: ‘Ah, che bello, giri il mondo!’ – racconta – E invece stai dietro a una scrivania”. E così, appena è arrivata la pensione, è cominciata l’esperienza del cammino, quella dei viandanti, dei pellegrini, dei cercatori di sé, che per lui si è tradotta in migliaia di chilometri a piedi percorsi negli ultimi dieci anni, un percorso inventato e diverse guide dedicate a questo modo “lento” di vivere lo spazio, i luoghi, il tempo. 

Corradino, come ci si prepara a un cammino? 

“L’uomo è nato camminando e se si va dal medico il primo consiglio è ‘fare del moto’, solo che non siamo più abituati. Io cammino 3 o 4 volte alla settimana per circa 7 chilometri, abito davanti al Parco Ruffini: mi faccio la mia oretta e mezza di camminata buona e va bene così. L’importante è mantenere il tono muscolare. Ah, e posso dare un consiglio?”

Prego 

“La gente dice: ‘Non ho tempo’. Io dico: invece di girare mezz’ora a cercare parcheggio, parcheggia lontano e vai a piedi. Ci metti lo stesso tempo e ti fa bene”.

Facile per lei, che ormai è entrato nell’ottica dei cammini….

“Sa cosa succede a molte persone che tornano da Santiago? La strada per la tomba dell’apostolo Giacomo, pescatore di Galilea e amico di Gesù, è segnata da frecce gialle sui muri, per terra, sugli alberi… Molti a distanza di tempo si sorprendono a cercarle per le strade delle città. Un cammino segna, arricchisce di ricordi, paradossalmente cambia un po’ anche le nostre abitudini”. 

Lei ne ha fatti parecchi, ce n’è qualcuno che le è rimasto più impresso? 

“Ogni cammino è diverso, certamente Santiago è speciale. Ho percorso gli ultimi tratti, quelli in Galizia, 16 volte, cioè più di 2.500 chilometri. Poi ne ho sperimentati diversi in giro per il mondo, due volte la Wicklow Way, il cammino d’Irlanda che va dalla zona dei parchi della costa orientale a Dublino (a cui Corradino, con l’amico Gianni Amerio, ha dedicato l’unica guida in italiano, ndr). Ho percorso ampi tratti della Via degli 88 Templi in Giappone, la Francigena, i sentieri di Gesù in Terra Santa, quando ancora si poteva andare”. 

Alla fine ci ha preso gusto e ne ha voluto addirittura tracciare uno. È vero? 

“Sì (ride). Con l’amico Gianni Amerio abbiamo inventato questo sentiero che si chiama “Altra via” ed è un cammino su cui stiamo lavorando per ottenere l’accatastamento regionale. Va da Torino a Savona attraversando il territorio Unesco del Monferrato, l’Astigiano, l’Alta Langa cuneese fino alla Liguria, che alla fine si scopre essere una regione di monti con 4.500 chilometri di sentieri”.

A livello organizzativo, come ci si prepara? 

“Bisogna intanto individuare i percorsi esistenti, evitando di aprirne di nuovi, poi bisogna vedere in che modo vengono mantenuti e battuti. Sono molto comuni i percorsi ad anello, mentre spostarsi da un punto A a un punto B non è sempre così facile. Qualche volta bisogna tornare indietro, un po’ come in una caccia al tesoro”. 

Imprevisti? 

Certo, ogni tanto capitano. Pensi che nel tracciare il nostro percorso tra Torino e Savona avevamo scelto l’alta valle del Letimbro. C’erano da attraversare due guadi non particolarmente impegnativi ma durante un temporale due persone che l’attraversavano in quella zona state travolte dalla piena e sono morte annegate. L’area è stata posta sotto sequestro e ovviamente non potevamo più inserirla nella guida. C’era il lockdown e non potevamo andare a collaudare altri percorsi e mancava un mese all’uscita della nostra guida. Alla fine con Gianni abbiamo trovato un’alternativa, è stata un’avventura”.

Ma il cammino è un’esperienza da fare da soli o in compagnia?

“Sono due esperienze molto diverse. Se cammini da solo a poco a poco cominci a non guardare più l’orologio, magari spegni il telefonino e lasci fare alla natura…Alla fine le cose si sistemano da sole. Da soli è anche un modo per incontrare persone con cui si fa un pezzettino di strada insieme o anche giorni e giorni, sperimentando la solidarietà di chi cammina nella stessa direzione. Il cammino in compagnia è come un dialogo tra due persone. A volte mi sembra che non siamo più capaci di farlo in questa vita scandita fagli impegni. Un dialogo è fatto anche di silenzi, di pause… Il cammino fa riflettere, è un modo di tornare a parlarci davvero”.

C’è sempre una componente spirituale?

“Sì, il cammino ti regala una cosa importante, che è il tempo. Ti estranei da tutto, entri in una dimensione temporale diversa e hai la possibilità di ritrovare tante cose. Da un cammino – si dice di Santiago – non si ritorna mai del tutto”.