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Da Torino solidarietà al Myanmar

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Una mano tesa al popolo birmano da piazza Palazzo di Città a Torino. Nella mattinata di oggi, venerdì 19 febbraio, si è svolta la manifestazione in solidarietà con il popolo birmano.

L’iniziativa è stata organizzata da A.Gi.Te., un coordinamento nato nel 2017 – affinché l’Italia firmasse il Trattato per la proibizione delle armi nucleari – che raggruppa una settantina di associazioni per il disarmo, contro guerre e terrorismi. “Cerchiamo di esserci sempre per far sentire la nostra voce contro i conflitti e le minacce alla libertà” afferma Paolo Candelari, uno degli organizzatori. “Crediamo che la libertà e la democrazia siano indivisibili nel mondo: qualunque attentato ai diritti umani è un attentato contro tutti noi”.

La crisi in Myanmar ha avuto inizio il primo febbraio con l’arresto della leader democratica Aung San Suu Kyi. Tuttavia, nelle ultime ore, si è assistito a un’escalation in termini di contestazioni e dissenso: l’esacerbare delle proteste è da imputare all’annuncio pronunciato dal portavoce militare, diventato vice ministro dell’informazione, Zaw Min Tun, che ha ufficializzato la morte di Mya Thwe Thwe Khaing, la ventenne che era rimasta ferita da un colpo d’arma da fuoco alla testa durante le manifestazioni dello scorso 9 febbraio. Come scrive la BBC, la giovane era ricoverata in condizioni critiche in una struttura ospedaliera della capitale Naipyidaw, ed è deceduta dopo che – con il benestare dei propri familiari – sono state staccate le macchine che la tenevano in vita.

 
 
 
 
 
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Alla domanda sul come possa essere utile alla causa birmana una mobilitazione a Torino, Candelari non esita: “Sappiamo benissimo che di questi tempi non raccogliamo le masse. Molti non sanno nemmeno dove si trovi il Myanmar, però è importante mobilitarsi. Ricordo sempre la risposta che il vescovo brasiliano Hélder Câmara dava a chi gli chiedeva come supportare la sua missione: ‘Lottate nei vostri paesi'”.

Al termine dell’evento è intervenuto anche il consigliere regionale Silvio Magliano, che ha promesso di sollevare la questione al prossimo consiglio regionale, previsto per martedì 23 febbraio: “Chiederò di poter ricevere una vostra delegazione, affinché il presidente di regione e il presidente del Consiglio facciano sentire il loro peso politico. Tutti coloro che pensano di schiacciare la libertà dei popoli, devono sapere che in Piemonte ci sono una storia, una cultura e un tessuto politico che non lo permettono”.