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Cyberbullismo, 4 ragazzi su 10 s’imbattono in bullismo online

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Quattro ragazzi su dieci appartenenti ad una fascia di età tra i 12 e i 16 anni si imbattono in episodi di cyberbullismo navigando in rete o utilizzando i social media. È questo il dato allarmante che emerge dalla ricerca dell’Osservatorio scientifico “Social Warning – Movimento Etico Digitale”, l’istituto che nel solo 2019 ha formato 17mila studenti e 4mila genitori rispetto ai rischi e alle opportunità del web. Una campagna che ha visto la realizzazione di oltre 10mila incontri nelle scuole e più 7mila corsi in e-learning per sensibilizzare famiglie e ragazzi sull’argomento.

Il reportage, realizzato in occasione della giornata nazionale contro il cyberbullismo, mette in mostra un rapporto complicato e spesso contraddittorio con l’utilizzo del web e delle piattaforme social da parte dei giovani e delle loro famiglie. Per prima cosa il silenzio: 1 ragazzo su 10 non ha mai parlato con nessuno dell’importanza dell’educazione digitale e dei rischi del web. L’80% dei giovani intervistati riferisce inoltre che l’unica limitazione impartitagli in famiglia è legata al tempo di utilizzo e mai alla tipologia dei siti visitati. Colpisce come il 72,6% dei ragazzi ritenga giusto ricevere regole per approcciare la rete, ma che solo nel 55% delle famiglie vengano fornite linee di comportamento a cui attenersi.

Nonostante ciò, 7 ragazzi su 10 (quasi il 69% degli intervistati) riferisce di non fidarsi delle informazioni che reperisce in rete, dimostrando una naturale capacità di immunizzazione rispetto alle fake news sviluppata dai più giovani. Sono abbastanza consapevoli (il 65%) che quello che postano o condividono sulla rete una volta on-line non appartiene più a loro, mentre il 35% dei ragazzi coinvolti nella ricerca dimostra di non conoscere fino in fondo le regole base per tutelare la propria web reputation.

Ma quanto tempo passano in rete i ragazzi e cosa fanno? Il 32% dei ragazzi di età 12-16 anni coinvolti nello studio trascorre sul web dalle due alle quattro ore al giorno. I siti più frequentati sono le piattaforme social (in testa quasi con lo stesso indice di gradimento YouTube e WhatsApp, poi Instagram e TikTok che nel 2019 ha raddoppiato il gradimento di Facebook). A queste piattaforme l’85,4% di loro si collega più volte al giorno, solo l’11,6% qualche volta alla settimana. Per questo la quasi totalità degli intervistati si ritiene in grado di esprimere un’opinione personale sulla figura dell’influencer, ma in realtà il 32% di loro non sa dare una definizione convincente o riferisce affermazioni non corrette (es. “influencer significa rappresentare un marchio come se fosse il tuo”, “influencer è una persona famosa drogata di social”, “influencer è una persona che riesce a muovere qualcosa dentro ad altre persone convincendole a pensare ciò che vuole”); il 38% invece fornisce affermazioni corrette.

«I dati dell’Osservatorio raccontano le difficoltà degli adulti rispetto all’impartire regole precise ed esplicite per vivere serenamente il web in famiglia, forse per il distacco e la sfiducia con cui molti di loro hanno sempre visto il digitale» spiega Davide Dal Maso, 24enne, fondatore dell’Osservatorio e primo docente ad aver portato l’educazione civica digitale in classe. «Risulta sempre più necessario costruire un ponte tra genitori analogici e figli digitali per arrivare ad un sano equilibrio tra vita on-line e off-line, ma soprattutto per combattere assieme la piaga del cyberbullismo. Infatti – insieme all’esposizione a contenuti e immagini pornografiche e ad episodi gravissimi di adescamento – il cyberbullismo è purtroppo ancora oggi il fenomeno più diffuso in cui i nostri ragazzi si imbattono on-line».

I dati fin qui citati possono inoltre essere confrontati con altri studi sull’argomento realizzati negli ultimi tempi. L’indagine condotta dal Moige (Movimento italiano dei genitori) dal titolo “La dieta Cyber dei nostri figli” mostra infatti dati ugualmente significativi per descrivere il rapporto delle nuove generazioni con il web. Solo una piccolissima quota dei ragazzi non è connesso a internet. Ben il 37,7% va in ansia se non è collegato e il 40% prova un senso di delusione se non riceve abbastanza “like” o richieste di amicizia. Il campione studiato ha visto il coinvolgimento di 2500 ragazzi fra i 5 e i 22 anni. A collaborare all’indagine è stata anche la Polizia postale che ha fornito i numeri sui reati commessi nel web registrati negli ultimi due anni. Solo nel 2019 i casi sono stati 460, con un aumento del 18% di vittime minorenni rispetto alle precedenti rilevazioni.

L’incremento del cyberbullismo viene evidenziato anche dall’analisi Net Children Go Mobile, prodotta dall’Unione Europea e condotta in 7 stati tra il 2002 e il 2014. I dati più recenti mostrano una crescita del 7% nel 2010 e del 12% nel 2014. Questo anche in Italia (dal 2% iniziale al 6% finale), ma per il nostro paese il discorso è maggiormente articolato: prima degli ultimi 5 anni infatti, il cyberbullismo è considerato come «un fenomeno poco frequente e tendenzialmente in diminuzione», come si legge nel libro “Dal bullismo al cyberbullismo” a cura di Maria Adelaide Gallina, sociologa di Unito Maria Adelaide Gallina. Il volume è stato presentato venerdì 7 febbraio in occasione di un convegno all’Università di Torino.

Questo per evidenziare come spesso la discrepanza tra la percezione del problema e la sua reale diffusione sia non indifferente.Il volume di Gallina è stato presentato venerdì 7 febbraio in occasione di un convegno all’Università di Torino. La percezione del bullismo, secondo quanto raccolto dalla sociologa, è maggiore rispetto ai numeri reali, perché spesso vengono contati anche episodi di violenza diversa, quando sarebbe invece necessario distinguere tra episodi che nascono in contesti psicologici e sociali molto diversi. Oltre a studiare il processo comunicativo attorno al bullismo, Gallina propone anche degli interventi operativi per poterlo combattere. Grazie alla partecipazione di 40 scuole della regione Piemonte, è stata redatta una ricerca sulla percezione del fenomeno e i numeri effettivi del bullismo.

 

FEDERICO CASANOVA

VINCENZO NASTO

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