Sin dal 1997 Luce per la vita opera nel settore delle cure palliative, stando accanto ai malati in Hospice o al domicilio nella fase terminale della loro esistenza: una trentina di collaboratori di vari profili professionali e altrettanti volontari si dedicano a promuovere la tutela dei diritti, la qualità e la dignità della vita nelle persone sofferenti, malate, anziane.
Il sodalizio ha da poco assunto il coordinamento regionale della Federazione Cure Palliative, che raduna organizzazioni di volontariato di tutta Italia: «Pochi giorni fa ci siamo incontrati in modo virtuale per fare il punto della situazione, visto che il volontariato, sia nelle strutture sia a casa, si è fermato per seguire le indicazioni del Governo», spiega Eugenia Malinverni, presidente e direttore dell’associazione e coordinatore dell’Hospice Anemos all’Azienda Universitaria Ospedaliera San Luigi Gonzaga di Orbassano. «L’idea emersa nella riunione è di continuare a rimanere in rete, confrontandoci anche tra zone colpite dal coronavirus in modo diverso. Insieme a Lombardia e Veneto, altre regioni in cui la situazione è grave, abbiamo condiviso le esperienze di questo periodo: chi ha potuto si è messo in rete con i malati grazie a strumenti di contatto a distanza. Del resto le telefonate e le videochiamate sono già possibili anche nei reparti Covid».
Il passaggio non è, però, automatico: «Siamo 240 volontari fermi tra le diverse sedi – spiega Gianni Cauda, presidente degli Amici della Faro – Ci dispiace molto e cerchiamo di stare vicino almeno agli operatori per via telematica ma con i malati questo è difficile: spesso non sono preparati o non hanno a disposizione gli strumenti necessari».
La Fondazione Faro gestisce a Torino gli hospice Ida e Sergio Sugliano e Ida Bocca e ha una sezione distaccata all’ospedale di Lanzo. «Facciamo il possibile per raggiungere gli ospiti con i nostri notiziari – afferma il volontario – ma il nostro impegno è di stare al loro fianco, con una parola o una stretta di mano o accompagnandoli sul terrazzo a prendere un caffè». Al tempo del coronavirus, però, non è possibile.
Articolo tratto dal numero di Futura Magazine del 22 aprile 2020. Leggi il Pdf cliccando qui