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Cpr, i malati non sono tutelati: “Emerge l’inadeguatezza del luogo”

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Il Centro di permanenza per il rimpatrio di corso Brunelleschi non è in grado di tutelare la salute delle persone rinchiuse all’interno. Lo decreta la Corte d’appello, annullando il trattenimento di un uomo di 48 anni, invalido al 75% e detenuto nella struttura da fine ottobre.

Nonostante l’invalidità e l’esistenza di altri disturbi pregressi, tra i quali il diabete, l’ipertensione e la dipendenza da sostanze stupefacenti, era stato ritenuto idoneo al trattenimento dall’Asl lombarda che aveva esaminato il caso, rilasciando il certificato necessario per l’ingresso nei Cpr.

“È la dimostrazione che quando si dedica del tempo ad analizzare un singolo caso, e quindi non ci sono dei passaggi amministrativi frettolosi, emerge tutta l’inadeguatezza del luogo – commenta Luca Pidello, presidente della Commissione legalità diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Torino -. È noto che in quella struttura non si possono fare dei trattamenti sanitari. Sia nell’istruttoria delle procedure relative al Cpr sia nella tutela dei diritti delle persone bisogna considerare con più attenzione quanto segnalato da chi è ristretto all’interno”.

A ottobre, il Consiglio di Stato aveva espresso un parere analogo, annullando il capitolato d’appalto relativo ai Cpr – il documento che indica le specifiche sulla cui base istruire le singole gare per la gestione dei centri – promulgato dal ministero degli Interni nel 2024, proprio per via di carenti garanzie nell’ambito della salute.

In particolare, rispondendo a un ricorso dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione e di Cittadinanzattiva, il Consiglio aveva dichiarato inadeguate le procedure “a tutela delle persone trattenute con vulnerabilità psichiatrica o sottoposte a trattamento farmacologico”.

“Il disagio psichico spesso è conseguenza di un sistema che vede le persone ristrette, senza attività da svolgere e con un grande clima di incertezza. Sicuramente per le persone che hanno già delle patologie pregresse, oppure una dipendenza da farmaci, il rischio è maggiore, ma chiunque sia in quella situazione non può che ritrovarsi in situazioni di precarietà psicologica e fragilità psichica” dichiara Pidello.

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