La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Covid-19, lo sguardo controverso del mondo sul “modello italiano”

condividi

Non esistono regole o modelli da seguire quando si parla di una pandemia sconosciuta fino a poco tempo fa, che sta provocando migliaia di vittime e nuovi contagi in tutto il mondo. O forse sì.  “Ci stanno guardando dall’Europa e dal mondo per i decreti che abbiamo approvato, ci stanno già chiedendo una copia di questo decreto. Anche nella ripresa l’Italia è ammirata” riferiva il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nell’ultima conferenza stampa del 26 aprile, rifacendosi al concetto del “modello Italia”, seguito da tutti i Paesi europei e non solo. Un modello di cui, tuttavia, all’estero non vi è traccia. L’emergenza è ancora in corso seppur in una fase di decrescita, eppure diverse sono le analisi che, con il senno di poi, il resto del mondo sta facendo o ha già fatto sul caso Italia. La maggior parte di queste non sembrano lasciare troppo spazio all’ottimismo.

Il 21 febbraio l’Italia è stata la prima a essere investita, dopo Cina e Sud Corea, dalla diffusione del virus, ed è stata la prima a dover mettere in atto misure tempestive che potessero contrastarla. Nel resto d’Europa l’onda d’urto ha avuto circa dieci giorni di scarto. Dopo l’Italia è toccato a Spagna, Francia, Germania, Inghilterra e oltreoceano agli Stati Uniti. Che questo “vantaggio” temporale non abbia giovato all’Italia ma abbia, anzi, portato a un’iniziale sottovalutazione del fenomeno sembra essere il nodo centrale riportato dagli altri Paesi.

Solo tre giorni fa, l’8 maggio, la prima pagina del “New York Times” apriva con due articoli in cui la parola “modello” veniva affiancata a Paesi quali Svezia e Germania. Di Italia non si parla. Si legge che la Svezia, con un approccio opposto a quello italiano, meno rigido e volto alla cosiddetta “immunità di gregge”, ha registrato un alto tasso di mortalità e contagi per numero di abitanti, ma con cifre molto minori rispetto ad altri Paesi europei (26.322 casi e 3225 decessi). Lì i trasporti hanno subìto delle limitazioni, le scuole sono chiuse, ma bar e ristoranti sono rimasti aperti. A Stoccolma è stato stimato che circa il 25% della popolazione avrebbe sviluppato gli anticorpi al virus. Tuttavia, l’accuratezza di questi dati è da verificare, inoltre, la capitale non rappresenta la Svezia e utilizzare un modello del genere comporterebbe un rischio in molti altri Paesi. Gli americani soffrono in percentuale molto maggiore di malattie croniche come diabete, ipertensione, obesità, rispetto agli svedesi. Anche dal punto di vista economico, il sistema svedese non può essere paragonato agli altri Paesi: l’impatto che il Covid-19 sta avendo sulla tenuta della Svezia è sicuramente meno deleterio.

Per quanto riguarda la Germania,  il modello di Angela Merkel riportato sul quotidiano statunitense è basato su distanziamento sociale e chiusure, insieme a un cospicuo numero di tamponi, tracciamento dei positivi e isolamento dei casi. L’esempio a cui fa riferimento Berlino sembrerebbe quindi quello sudcoreano, più che italiano. La fase 2 in Germania è già in atto, i negozi sono ripartiti e presto sarà la volta di bar e ristoranti, entro l’estate toccherà alle scuole. Da qualche giorno, tuttavia, si registra un nuovo incremento dei casi, l’indice di contagio R0 è salito a 1.1.

Volgendo uno sguardo all’estero, quello che traspare dalle parole utilizzate in questi mesi nei confronti dell’Italia è la volontà di creare linee guida per imparare cosa “non” bisognasse fare. L’agenzia di stampa internazionale “Associated Press” ha pubblicato un reportage dedicato all’esplosione della pandemia in Lombardia, con diverse testimonianze di operatori sanitari lombardi.  “Mentre l’Italia si prepara a riemergere dal più intenso lockdown, è sempre più chiaro che qualcosa è andato storto” hanno scritto nel resoconto. Un elemento emerge tra tutti: all’incapacità di gestire la situazione nella regione Lombardia, viene contrapposto il modello Veneto. Ne parla “Associated Press”, e ne parla anche “El Paìs” in un articolo di ieri 10 maggio dedicato alla “Regione italiana che ha contrastato il Covid-19″, paragonando la cittadina di Vo’ Euganeo alla Corea del Sud.

Nel report dedicato alla Lombardia ciò che viene criticato all’Italia è la mancata tempestività: i primi controlli aeroportuali di voli provenienti dalla Cina sono del 31 gennaio, quando ormai era troppo tardi. Inoltre, la linea dei primi decreti sarebbe stata poco rigida a fronte della velocità di diffusione del virus, con un lockdown totale datato solo all’8 marzo.

Il quotidiano francesce “L’Opinion” ha pubblicato, inoltre, uno studio del Deep Knowledge Group, consorzio privato internazionale coinvolto nell’high-tech, sull’efficienza di risposta al Covid-19, in cui l’Italia risulta al 32esimo posto su 33 in Europa. I parametri di giudizio sono sicurezza sanitaria, efficienza del trattamento e livello di rischio. I cinque Stati più efficienti contro l’epidemia di Covid-19 nel mondo sono nell’ordine Israele, Germania, Corea del Sud, Australia e Cina. Sul podio europeo si trovano Germania, Svizzera e Austria.

Un altro documento riguardante il caso italiano, stilato dalla rivista Harvard Business Review a fine marzo ha fornito una serie di indicazioni su come “aiutare gli Stati Uniti e i politici europei a non ripetere gli stessi errori fatti in Italia”. La sottovalutazione del fenomeno avrebbe portato a inseguire il virus, anziché anticiparlo. Anche qui viene citato l’esempio del Veneto che ha tempestivamente effettuato tamponi su persone sintomatiche e asintomatiche, tracciando da subito i casi positivi e permettendo di isolarli. Secondo il report, anche l’efficace distribuzione di dispositivi di protezione e mascherine per chi lavorava in ambienti sanitari, in case di cura o a contatto con il pubblico (supermercati, farmacia) avrebbe controllato la diffusione del virus.

Anche per quanto riguarda la fase di ripartenza gli altri Paesi europei sembrano seguire una linea diversa rispetto a quella italiana: Germania, Francia e Spagna sono già in fase 2. L’Inghilterra, che in un primo momento aveva sottovalutato il peso del virus proprio guardando ciò che stava succedendo in Italia, non è ancora uscita dalla fase critica e manterrà il lockdown fino ai primi di giugno. Nel mondo si contano ad oggi più di 4 milioni di persone contagiate da Covid-19. La Gran Bretagna, dove la diffusione del contagio è arrivata in ritardo, ha superato i 30mila decessi. Gli Stati Uniti sono il Paese più colpito al mondo con 1 milione e 36mila casi, e più di 80mila decessi, in Francia i casi confermati sono quasi 140mila, in Germania 172mila, in Spagna si registrano più di 26mila decessi. Numeri pesanti. Diventa apparentemente complesso parlare di modelli ideali in un contesto mondiale che registra cifre di questo genere.

VALERIA TUBEROSI