Nel brusio continuo che accompagna incontri, dibattiti e acquisti di libri sotto le volte del Salone del Libro 2023, capita che più voci, non collegate, creino una sorta di conversazione continua sui nodi dell’attualità. E la crisi della democrazia italiana si trasformi, così, in un discorso a più voci. Che propongono ricette diverse, ma non alternative, per guarirla.
“Non sono andato a votare alle ultime elezioni politiche. I nostri rappresentanti non riescono più a capire quelli che sono i bisogni dei cittadini”, racconta il giornalista Antonio Padellaro, autore di Confessioni di un ex elettore, appena uscito da Paper First e subito in testa alla classifiche nella categoria politica. Il suo è un monito nei confronti della sinistra, colpevole di non interpretare la voce dell’elettorato. Un dato riscontrabile anche dai risultati degli ultimi appuntamenti elettorali, dove il Partito democratico continua a rimanere fermo tra il 18% e il 20%. E i voti persi, difficilmente migrano verso altre forze politiche, mentre cresce continuamente il bacino dell’astensione: ormai quasi la metà degli italiani non si reca più alle urne.
“Il disastro ambientale di questi giorni in Emilia Romagna – dice Padellaro – è un esempio di quanto il sistema politico non riesca a programmare una giusta strategia. La regione governata da Bonaccini occupa il terzo scalino del podio della classifica per il consumo di suolo. Continuiamo a costruire senza renderci conto che il cambiamento climatico ci obbliga a un radicale cambio di passo. E anche in questo caso, nessun rappresentante delle istituzioni riesce a prendere delle posizioni coraggiose, implementando politiche che possano ridurne gli effetti. Senza risposte serie e concrete è normale che le persone non si sentano più rappresentate”. Per Padellare la nuova segretaria Pd Elly Schlein, consente qualche timida speranza a un elettore deluso di sinistra: “Ha le idee chiare – sottolinea – deve migliorare nella comunicazione dei temi. E non deve farsi coinvolgere in logiche di partito, legate a posizioni che non hanno convinto i cittadini”.
Walter Veltroni e il valore della costituzione
E proprio il fondatore del Pd, ex segretario e ministro, oggi regista e romanziere, indica nella Costituzione la medicina a cui ricorrere. “La Costituzione italiana è la più bella d’Europa”, dice Walter Veltroni a una platea di studenti delle medie inferiori. Veltroni sottolinea che i principi sui quali si fonda il nostro ordinamento non sono così distanti dalla nostra quotidianità. Non sono principi astratti. Vicino a lui una traduttrice trasforma le parole in gesti, così che anche i ragazzi sordi possano partecipare. “Anche in questo si manifestano i principi della Costituzione. In questo caso possiamo parlare dell’art.2. Inizia così: ‘La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.
Veltroni ricorda che diritti e libertà sono state riconquistate o conquistate per la prima volta dalla società italiana all’indomani di una tragedia collettiva fatta di milioni e milioni di tragedie e dolori personali. “Il dolore delle guerre, delle dittature, delle deportazione”, dice Veltroni, che racconta la storia di Sami Modiano, sulla quale ha scritto un libro, pubblicato nel 2005, Tana libera tutti. Sami Modiano, il bambino che tornò da Auschwitz. “A lui sono capitate cose terribili, eppure è un essere umano gentile, il più accogliente che io abbia mai conosciuto.” Nel 2006, quando Veltroni era sindaco di Roma, ha accompagnato Sami proprio nel campo di concentramento in cui ha perso la sua famiglia. “All’inizio non si è sentito bene, ma già alla sera incontrava i giovani per spiegare cosa gli era successo”.
I ragazzi fanno domande. Anche Veltroni ascolta ed è proprio sull’atto dell’ascolto che mette l’accento, anche parlando dei valori che hanno guidato i padri costituenti: “Capire l’altro è fondamentale, accettare il fatto che siamo diversi altrettanto. La molteplicità rende il mondo meraviglioso e va difesa, tutelata per la sua bellezza. E la Costituzione ha proprio questo compito. Non dimenticatelo mai”.
Tommaso Montanari e la crisi culturale
“L’Europa in guerra è quella di una generazione che non ha avuto contatto diretto con la Seconda guerra mondiale ed è un’Europa – penso a Meloni, a Johnson, a Macron – a cui è difficile attribuire profondità culturale. Il ripudio delle discipline umanistiche ha portato alla perdita della saggezza”. Per Tommaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, giornalista e storico dell’arte, il problema è soprattutto qui. La cultura. Quella che fonda e costruisce. Quella che manca nel panorama contemporaneo. “Quella su cui si fonda la nostra identità – afferma Montanari -, checché ne dica la destra xenofoba e razzista che la vorrebbe fondata sul sangue”.
Ma a proposito di cultura i dati non sono incoraggianti. Secondo l’Istat una parte consistente degli italiani è in grado di leggere un testo, ma non di comprenderlo Quale rapporto c’è tra questo dato, l’astensionismo e il ritorno di una politica che “se non al Ventennio, potrebbe condurci a un modello del tipo Polonia o Ungheria”?
Il nodo della questione è l’articolo 3 della Costituzione, principio altissimo per cui la Repubblica è chiamata a “rimuovere gli ostacoli” al pieno sviluppo della persona. “Poco prima di morire – ha concluso Montanari – don Milani ebbe modo di chiarire che il fine della scuola non era la formazione di una classe dirigente, ma di una massa cosciente. Oggi viviamo l’opposto. Il potere (il riferimento è al caso Rovelli, ndr) vuole che il fisico faccia il fisico, lo storico dell’arte lo storico dell’arte. E invece è necessario il contrario: che gli intellettuali diano il proprio contributo alla società, che la cultura abbia sempre più una coscienza civile”.