La ministra per l’Agricoltura Teresa Bellanova di Italia Viva di Renzi, minaccia di lasciare il governo se non sarà approvato il suo progetto di legge per regolarizzare migranti e colf. Una sanatoria con l’obiettivo di combattere caporalato e lavoro nero.
“Questo governo – dichiara la Bellanova – deve avere coraggio. Non si possono lasciare le persone a vivere come topi nei ghetti. Lavorano già nel nostro Paese e spesso in condizioni complicatissime e al limite, meritano una possibilità e vanno regolarizzati. È una battaglia di civiltà a cui non ci si può sottrarre”.
Gli esponenti del MoVimento 5 Stelle, parte integrante di questo esecutivo guidato dal premier Giuseppe Conte, esprimono disappunto e si dicono contrari alla santatoria.
“Una sanatoria per tutti non risolverebbe il problema come non lo hanno risolto le precedenti sanatorie, ultima quella che fu dell’ex ministro dell’Interno Maroni (Lega)”. Questa la replica di Giuseppe L’Abbate (M5S), sottosegretario di Stato del Ministero delle politiche.
“Ho sempre ritenuto – precisa L’Abbate – che una regolarizzazione mirata a chi ha già avuto un permesso di soggiorno negli anni precedenti per lavori in agricoltura – e quindi sia schedato e conosciuto dallo Stato Italiano – possa essere una risposta al problema di mancanza di manodopera stagionale che, in questo momento, stiamo vivendo nel comparto primario. Dobbiamo rispondere alla richiesta delle imprese agricole di poter disporre di circa 300mila lavoratori stagionali per le imminenti raccolte nei campi che, negli anni precedenti, venivano svolte da stranieri, per la maggior parte comunitari. Gli immigrati irregolari sono un problema che va gestito ma in questo momento mi concentrerei sulle necessità impellenti, sebbene ritengo che il MoVimento 5 Stelle sia aperto a qualsiasi tipo di discussione da affrontare con i dovuti approfondimenti”.
Secondo il sottosegretario, in alternativa alla proposta di Bellanova, “è necessario dare vita a una piattaforma digitale istituzionale per l’incontro tra domanda e offerta in agricoltura. La struttura è già stata realizzata da Anpal: va solo adeguata alle esigenze e peculiarità del comparto primario e riempita con le informazioni presenti nei database di Agea (imprese con localizzazione delle relative particelle di terreno e dei luoghi di lavoro) e di Inps (lavoratori)”.
“Proprio negli elenchi Inps – osserva il pentastellato – troviamo un primo potenziale bacino di possibile manodopera: sono circa 350mila i lavoratori (di cui 164mila stranieri) che storicamente non riescono a raggiungere le 50 giornate. Si tratta di gente che ha già prestato la propria opera in agricoltura e che, magari, non è riuscita a trovare nuove occasioni di lavoro ma che sarebbe molto propensa all’impiego in quanto la 51esima giornata rappresenta il traguardo per ottenere un primo sussidio al reddito, l’assegno di disoccupazione agricola.
Un secondo potenziale bacino potrebbe essere rappresentato da coloro che percepiscono sostegni al reddito ma che sarebbero allettati dalla possibilità di poter rimpinguare il proprio reddito (che, sottolineo, essere non elevato) attraverso lavori stagionali in agricoltura a patto di non perdere il proprio beneficio durante questo periodo di emergenza Covid-19. È necessaria una modifica normativa temporale ma ciò sarebbe immediato”.
Queste due platee – conclude L’Abbate – sommate a quella dei lavoratori stranieri regolarizzati, dovrebbero essere sufficienti per sopperire all’assenza di manodopera stagionale, scongiurando così il rischio di avere perdite economiche e spreco di cibo nei campi.
Carenza di manodopera
La ministra Bellanova lamenta una carenza di manodopera nei campi. “Le associazioni ci parlano di 270-350 mila unità. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, prevede una perdita del 35% di ciò che c’è nei campi, “e questo – aggiunge – peserà soprattutto su chi è più povero”. L’associazione agricola ha stilato una mappa delle province più colpite, dove lavorava quasi un terzo degli stagionali svaniti: Bolzano e Trento, per fragole, mele e uva; Verona con gli asparagi; Cuneo con pesche, kiwi e susine; Latina coi suoi ortaggi in serra; Foggia coi pomodori, i broccoli e i cavoli.
Emergenza ciliegie nel barese. Stop alla foresteria
Gli stagionali sono impiegati tutti gli anni per la raccolta imminente delle ciliegie di Turi, distretto del barese. In passato sono stati segnalati problemi con gli accampamenti dei lavoratori che migravano in quel comune per raccogliere l’ “oro rosso” di Puglia non trovando sistemazione temporanea.
Stando alle fonti ufficiali (Carabinieri e Ispettorato del lavoro), lo scorso anno non si sono verificati casi di lavoro sommerso ma
si era riusciti a dare sistemazione ai braccianti in una foresteria che ora non sarà più attivata, fa sapere il network locale “La Voce del Paese”. La sindaca del comune pugliese, Tina Resta, si è opposta all’apertura della foresteria poiché non garantirebbe le necessarie misure di sicurezza in questa emergenza sanitaria da Coronavirus. Sarà data la possibilità ai privati di reclutare manodopera stagionale a patto che adottino tutte le misure di sicurezza previste dai vari Dpcm. Si prevedono disagi. Chi ha già il suo “giro” di stagionali, che recluta ogni anno, potrebbe continuare nella raccolta, ospitandoli nelle campagne, lontano da occhi “indiscreti” delle autorità.
Nei prossimi giorni sarà tutto più chiaro.
La situazione in Piemonte
Mancano anche al nord. I lavoratori impiegati nel settore agricolo non ci sono, l’emergenza del Covid-19 grava su un settore già fortemente instabile. In Piemonte, solo nella provincia di Cuneo, dai 10mila ai 12mila lavoratori sono impegnati per la raccolta nei campi, per lo più stranieri, soprattutto di origine africana, magrebina e subsahariana. Nel saluzzese inizierebbero a raccogliere frutta, in questo periodo principalmente more, lamponi e fragole. Poi ci saranno le pesche, le mele e i kiwi. Dal mese di giugno nel cuneese dovrebbero partire le operazioni di potatura del verde nelle viti, in cui sono impiegati soprattutto lavoratori di origini macedoni, che in questo momento in Italia non possono venire. Regolarizzare la posizione dei lavoratori, come avanzato dalla ministra Teresa Bellanova, potrebbe rappresentare una delle soluzioni.
I problemi emergenti sul territorio in questo momento sembrano riguardare diversi aspetti: i lavoratori stranieri regolarmente presenti su territorio italiano non residenti a Saluzzo erano ospitati fino allo scorso anno dal Pas (Prima accoglienza stagionale), servizio attivo dal 2018, con cui collabora anche la Caritas di Saluzzo. Gestito dalla “Cooperativa Armonia” e presentato dal Comune di Saluzzo, dalla Regione Piemonte e da altre realtà del territorio, offriva un dormitorio ai lavoratori stagionali nel periodo di lavoro o di ricerca di esso. Quest’anno tutto è fermo, non ci sono le condizioni igienico-sanitarie idonee.
Inoltre, gli stranieri provenienti da fuori Italia in passato giungevano qui tramite i flussi, che al momento sono sospesi. Prima della pandemia venivano ospitati dalle stesse aziende agricole. In questo momento tutto è fermo anche lì.
La situazione preoccupa largamente associazioni di categoria, agricoltori ed enti, tanto che anche il sindaco di Saluzzo Mauro Calderoni ha esortato la Regione e l’Unità di crisi per attivarsi e trovare delle soluzione all’emergenza. Il primo cittadino saluzzese ha ribadito la necessità di istituire regole e protocolli operativi. Senza un’organizzazione reale e propria diventa difficile contrastare la forte carenza di personale e l’eventuale perdita economica per la produzione piemontese dei prossimi mesi, e allo stesso tempo gestire una situazione già di per sé complessa per tutti i lavoratori stranieri in Italia.
Le associazioni di categoria si dicono favorevoli alla regolarizzazione, anche se con alcune remore. L’associazione Anolf (Associazione nazionale oltre le frontiere, promossa dalla Cisl) si occupa di accoglienza, tutela delle esigenze e supporto agli immigrati per l’inserimento nel tessuto lavorativo e comunitario del posto. Per raccogliere le testimonianze e le storie dei lavoratori immigrati del Piemonte, l’associazione ha anche realizzato un film-documentario che uscirà a breve sul portale in prossima apertura oltrelefrontiere.net, intitolato “Siamo qui da 20 anni”. “Non bisogna continuare con lo sfruttamento del lavoro clandestino, – afferma il presidente della sezione di Cuneo Roger Davico – in questa situazione di estrema necessità per il raccolto delle campagne, è più che giusto cercare di regolarizzare i braccianti. Prima di tutto per evitare lo sfruttamento e secondariamente per il bisogno economico del momento”. Paolo Pozzo, sempre di Anolf, aggiunge che la proposta non dovrebbe avere una duratura temporale relativa all’emergenza e investire non solo il settore dell’agricoltura, ma tutti quelli che comportano l’impiego di lavoratori stranieri.
Per ovviare alla problematica della forza lavoro mancante, si sta pensando a diverse soluzioni che, per il momento, sono ancora in fase di discussione. Coldiretti Piemonte chiede l’istituzione di voucher agricoli che permettano di lavorare nei campi anche ai percettori di reddito di cittadinanza e ai disoccupati italiani. Inoltre, per cercare di andare incontro alle esigenze delle aziende agricole, sono stati attivati siti web per accogliere le iscrizioni di persone disposte a lavorare nell’ambito dell’agricoltura piemontese. Sono già in centinaia le persone che hanno risposto all’appello: operai, disoccupati, studenti che si sono iscritti ai portali “JobinCountry” di Coldiretti, “Agrijob” di Confagricoltura e la collaborazione tra Cia e Synergie Italia. La prossima settimana si terrà un tavolo tra Regione, imprese e sindacati. Servirà trovare una soluzione che vada incontro alle esigenze di tutti, e anche in tempi rapidi. La stagione della raccolta è alle porte.