Barriera di Milano, nove del mattino. La sveglia, in via Leoncavallo 27, è già suonata da un po’. Casa Acmos inizia a prendere vita. Tutti passano dalla cucina e sorseggiano un po’ di caffè per prepararsi alla giornata. Alcuni sono in pigiama, altri in abiti da lavoro.
Per comprendere cos’è questo luogo occorre fare un passo indietro. Casa Acmos nasce quindici anni fa, il primo giugno del 2002, quando un gruppo di ragazzi decise di entrare nell’ex fabbrica Ceat e di trasformarla in una comunità, simbolo di valori etici, convivenza, consumo critico. “Qui dentro c’erano centimetri di sporcizia” ricorda Davide Mattiello, ex presidente dell’associazione Acmos, oggi parlamentare PD. “Ripulimmo tutto, e ci entrammo a vivere in due. A poco a poco la trasformammo in quello che è oggi”.Una comunità di persone: alcune residenti, altre ospitate, qualche richiedente asilo, tanti lavoratori che ruotano attorno all’associazione. In più, per tutto l’anno, gruppi di educazione alla cittadinanza composti da ragazzi delle scuole superiori vivono qui per una settimana, imparando a condividere spese e spazi. Un luogo generatore di cambiamento, animatore del territorio, con un’attenzione speciale a tutti gli aspetti della vita in condivisione, a partire da quello basilare: l’economia domestica.
“Al momento siamo in cinque residenti, ma qui la situazione cambia ogni giorno” racconta Ramona, referente del gruppo e convivente della casa. “Abbiamo quattro ragazzi che hanno fatto richiesta d’asilo, perché siamo nella rete dei Cas, un ragazzo del Togo, Ismael, e Sofia, una ragazza rumena, vittima di violenza domestica. È con noi anche Simona – aggiunge – una ragazza minorenne che vive qui ormai da tre mesi, grazie a un accordo con i servizi sociali”. Simona siede sul divano e ascolta musica da un cellulare, sorridendo a chiunque passa. Una grande comunità, insomma, che raccoglie persone da diversi cammini. Come può questo sistema reggere a livello economico? “Ognuno di noi versa un contributo” sostiene Ramona “Che però non è fisso. Dipende da cosa ognuno di noi può dare”. I ragazzi residenti – oltre a Ramona anche Nicoletta, Gabriele, Fabiola e Fabio – versano 50 euro al mese come contributo per le spese comuni, in particolare per il cibo. Gli altri versano quanto possono: “Ismael ha appena trovato lavoro, quindi ora contribuisce alle spese, ma fino a poco tempo fa non poteva” spiegano i ragazzi nella Casa. Un sistema che si regge sulla condivisione, ma anche e soprattutto sulla gestione dell’imprevisto: “Da quando abbiamo i turni – spiega Nicoletta – funziona meglio. Ma c’è sempre, sia sui pasti che sulle persone che compaiono qui dentro, come te” sorride. “Venire incontro alle esigenze economico-domestiche è fondamentale, si tratta quasi di economia di scala” dice Nicoletta. “Nelle ultime settimane eravamo sempre una trentina di persone a pranzo, quindi dovevamo riempire le pance, ma senza venir meno alle esigenze etiche e di consumo critico”.
Verso l’ora di pranzo, infatti, la casa si riempie. Chi ha scelto di utilizzare questo luogo come spazio di lavoro spesso si ferma anche per i pasti, e condivide le spese con due euro a pasto. Ciò che si trova nel piatto, però, non è scelto a caso. Si evita il più possibile la grande distribuzione: “Quando serve, andiamo solo alla Coop” sostiene Ramona. “La spesa si fa ogni due settimane” aggiunge Nicoletta “anche per ridurre gli sprechi. La fa chi può, ma poi per cucinare e pulire abbiamo i turni”. La pasta viene acquistata solo dall’azienda Iris, che produce cibo biologico, mentre frutta e verdura si comprano solo “dal signor Franco”, come lo chiamano tra queste mura: un agricoltore di San Mauro, dell’azienda Fratelli Anselmo, che produce e vende prodotti a km zero. “Abbiamo dei menu, ma li cambiamo continuamente in base alle esigenze” dice Nicoletta “e cerchiamo di essere multietnici”. Il giovedì è la giornata rumena, in cucina c’è Sofia. In settimana si ruota, come in tutte le case che si rispettino. Nulla è lasciato al caso, e nella vita quotidiana si esperisce la formazione continua: alla convivenza, al consumo critico, all’autofinanziamento. La cucina è un viavai di ragazzi che parlano di legge elettorale, di come si fa un budino, di cosa faranno stasera.
Il sistema sembra complesso, soprattutto quando arriva la fine del mese e bisogna fare i conti, ma non è così. L’equilibrio è solido e ben monitorato: “All’inizio dell’anno abbiamo fatto una riunione organizzativa sul nostro sistema finanziario” dice Ramona “abbiamo deciso quanto contribuire, cosa comprare”. La parte economica, infatti, è autonoma rispetto al Cda centrale dell’associazione, e viene organizzata direttamente con l’amministrazione. “La Casa ha una carta di credito a disposizione, che viene monitorata mensilmente in base ai contributi versati e ricevuti” dice ancora Ramona.
“Vivevo già da sola” aggiunge Nicoletta “ma qui è diverso. Questa esperienza mi ha aiutata a mettere in pratica forme di economia domestica che già conoscevo, ma anche a sperimentare nuove idee e affrontare nuove realtà, che qui dentro non sono quelle della vita domestica normale”.
Tutto sembra funzionare al meglio, anche grazie al grande lavoro con i giovani: “La nostra associazione si occupa anche di sensibilizzare al consumo critico. La nostra campagna annuale, nel 2012, è stata dedicata proprio all’economia” spiega Diego Montemagno, presidente di Acmos, rientrato nel suo ufficio che ha sede nella Casa. “Lì abbiamo approfondito il valore di un’economia diversa, condivisa, e l’importanza dell’educazione economico-finanziaria, che da sempre accompagnava la nostra realtà”.
Intanto arrivano le 18, e le stanze comuni si riempiono di ragazzi che arrivano per le serate delle settimane comunitarie, per le riunioni serali, o anche solo per condividere uno spazio, un momento della giornata. Alle 23, le luci si spengono, quasi per tutti. Qualcuno resta sveglio per leggere un libro, qualcuno esce, ma la casa a poco a poco si addormenta, e si riposa per un nuovo giorno.