Più del 5% delle imprese del settore commercio, 3.300 in tutto, hanno chiuso negli ultimi 5 anni in provincia di Torino. Ovvero circa due attività, soprattutto culturali e nel settore dell’abbigliamento, che ogni giorno hanno abbassato le serrande per non rialzarle. Trend diverso solo nel mondo della ristorazione che registra un +5%. Tuttavia dal 2016 la tendenza generale si è invertita, nel 2017 questo andamento positivo sembra confermarsi ma serviranno gli ultimi trimestri a consolidare il dato, e i dubbi sono molti.
È la fotografia del settore del commercio in provincia di Torino emersa da un’indagine promossa da Camera di Commercio Torino, Ascom – Confcommercio e Confesercenti, presentata questa mattina al centro Congressi Torino incontra. “Siamo preoccupati. Il settore del commercio che rappresenta un quarto delle imprese del territorio sta cambiando”, spiega il presidente della Camera di commercio di Torino, Vincenzo Ilotte durante la presentazione dei dati del periodo 2012 – 2017. “Il 96% delle imprese ha meno di 10 dipendenti ed è gestita da imprenditori soli. E con la trasformazione della Grande distribuzione, dei canali di vendita e del mondo online il rischio concreto è che si desertifichi il territorio”.
Crolla il commercio a Torino, boom per Settimo Torinese
Nel 2017 sono 70.913 le imprese del settore commercio in provincia di Torino, 1,2 ogni 100 abitanti ma comunque 3.342 in meno rispetto al 2012. Tra queste, 33.830 (il 48%) sono nel Capoluogo dove si è registrata la maggiore riduzione con una contrazione del dato del 7,5%. In provincia, invece, il calo è minore ma costante, caso raro quello di Settimo Torinese che ha inaugurato di recente il Torino outlet village e registra un picco di 79 esercizi commerciali.
Chiudono le imprese con sede fissa, peggio per donne e giovani
La perdita maggiore, in Provincia, si è registrata tra le imprese con sede fissa, 1.591 in meno rispetto al 2012. Altre 772 hanno chiuso nel settore del commercio ambulante, mentre il commercio online, ha un picco del +226%. Per quanto riguarda le aree, nel podio delle perdite ci sono Canavese-Eporediese, Chivassese e Pinerolese che hanno superato il 20% di serrande abbassate nel settore commercio. A registrare le chiusure più consistenti sono state le imprese femminili (calate di oltre 2.600 unità) e under 35 (-1.370). Reggono, invece, le imprese straniere che sono aumentate di 300 unità.
Cambiano le abitudini: aprono i supermercati, addio librerie ed edicole
La flessione è stata registrata in quasi tutti i settori, fatta eccezione per il comparto alimentare che ha avuto crescite consistenti nella vendita specializzata. Nel 2017, rispetto a 5 anni prima, la provincia si è arricchita di: 55 supermercati, 170 negozi che vendono frutta e verdura, 96 attività di cialde per il caffè, 32 panetterie e 32 enoteche. Semaforo rosso solo per macellerie e pasticcerie che diminuiscono, rispettivamente, di 55 e 21 unità.
E se crollano i negozi per computer, 96 in meno dal 2012, crescono quelli di telefonia e di cover per smartphone. Non se la passa altrettanto bene il settore “fashion”: serrande chiuse per 537 negozi di abbigliamento e 142 di calzature. Simile trend per gli articoli da regalo per fumatori, dopo il boom delle sigarette elettroniche, sono passati di moda: – 73 in 5 anni. In crisi anche gioiellerie (-84) e negozi per amanti dei fiori e animali domestici. La situazione è ancora più nera per il mondo delle attività ricreative e culturali che risente della trasformazione del mondo dell’informazione e delle news online. Dal 2012 a metà 2017 hanno chiuso 146 edicole (da 400 nel 2012 a 360 nel 2016 solo a Torino), 79 cartolibrerie e 21 librerie. Seguono nel calo attività di articoli sportivi, giocattoli, mobilifici e ferramenta (122 e 131 chiusi dal 2012).
Esplode la ristorazione… ma niente più caffè al bar
Le attività del settore ristorazione crescono di numero. Sono 18.498 le imprese registrate, con una crescita del 5,1%. Di queste 1.355, tra ristoranti, cibo da asporto e ristorazione ambulante, hanno aperto negli ultimi 5 anni. In caduta libera i bar senza cucina, quelli – per intenderci – della storica colazione torinese: solo a Torino hanno chiuso i battenti in 113 (369 in tutta la provincia). Decrescita anche per mense e catering. Crescono, invece, le attività aperte da imprese con sede fuori Provincia, circa il 13% in più.
La tendenza potrebbe cambiare nel 2017: secondo i dati provvisori prosegue infatti la crisi della ristorazione ambulante (-59), mentre aumentano i bar (+4) e i cibi da asporto (+74). Ma le aziende, come spiegato dai coordinatori del Centro studi e ricerche di Ascom, “sono solite aprire a inizio anno e tendono a chiudere verso la fine”.
Il commercio si sposta al centro: aumentano le attività di prossimità
Durante la presentazione dei dati, è stata fotografata anche la distribuzione geografica delle attività nel comune di Torino. Nel centro, l’offerta risulta essere aumentata in quasi tutti i quartieri, fa eccezione la zona che va da via Garibaldi/via Milano/corso Palestro o zona corso Potenza/via Toscana. Ma, come raccontato da Anna Margherita Gargiul, coordinatrice del Centro Studi e ricerche di Ascom, emerge che le aree con maggiori difficoltà sono quelle dei cantieri, come l’area della Metro e i cantieri delle Spine. “In parallelo – aggiunge -, cresce il settore abbigliamento nelle aree di nuova pedonalizzazione, tra via Roma e il Po”.
I timori degli enti e delle associazioni di categoria
“Siamo preoccupati per il futuro della città e del commercio – ha detto Alberto Sacco, assessore al Commercio Città di Torino che ha partecipato al convegno -. L’unica strada per far fronte alle trasformazioni che stiamo vivendo è trovare soluzioni insieme agli esperti del settore, alle associazioni di categoria e ai commercianti. Il lavoro più importante sarà di certo ripensare e capire come intervenire sul nostro centro, basti pensare alle polemiche per il nuovo progetto della Ztl – Zona a traffico limitato”.
“Bisogna chiedere alle amministrazioni di riservare maggiore attenzione al problema. E’ quando loro reagiscono che va in scena il lavoro di squadra – ha aggiunto la presidente Ascom, Maria Luisa Coppi -. Senza commercio significa strade vuote e sporcizia, quindi bisogna agire subito. Non possiamo permetterci di disperdere le nostre imprese soprattutto ora che abbiamo scoperto vocazione turistica”.