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Colarusso: “In Turchia proteste mai viste dal 2013”

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A sei giorni dall’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu non si calmano le proteste nel paese, e l’opposizione denuncia: “è un golpe civile”. Il punto di vista di Gabriella Colarusso, giornalista esperta di Medio Oriente ed ex allieva del Master in giornalismo di Torino.

Il 23 marzo si sono tenute le primarie del Chp, il partito di Imamoglu, qual è stata la partecipazione popolare?

“È stata amplissima, io mi trovo a Istanbul, ho girato diversi quartieri della città, dal più conservatore Üsküdar dove peraltro ha la residenza il presidente Erdogan, a Kadıköy che invece è la roccaforte di sinistra socialdemocratica, dell’opposizione. Le folle erano enormi, a Kadıköy un’intera area del quartiere era bloccata dalla ressa delle persone che spingevano per andare a votare. Immagini simili si sono ripetute in tutta la Turchia, da Ankara a Izmir ad Adama nel sud-est. I dati che il partito repubblicano ha fornito sono di 15 milioni di votanti, se pensiamo che il CHP ha un 1,7 milioni di iscritti ci rendiamo conto di quanto sia stata ampia la partecipazione popolare anche oltre la base del partito. C’è stato un grandissimo moto di solidarietà, le hanno chiamate le urne della solidarietà, l’investitura era più che altro formale, Imamoglu era l’unico candidato alle presidenziali, ma andare a votare era un segnale politico e simbolico.

Abbiamo visto grandi manifestazioni, in particolare a Istanbul, da quanto tempo non si vedevano folle di queste dimensioni scendere in piazza in Turchia?

Sicuramente dal 2013, l’anno di Gezi Park – la grande rivolta civile, sociale, popolare, innescata dalla tutela del parco di Gezi, in centro città – allora decine di migliaia di persone scesero in piazza, ma quella era un protesta diversa, spontanea, con tratti anche anarchici, non organizzata. Questa volta invece è il partito principale di opposizione, il partito repubblicano che è il pilastro della democrazia turca, erede di Ataturk, che chiama alla piazza, che chiede ai turchi di scendere in strada contro quello che l’opposizione chiama un golpe civile, cioè un tentativo del governo, del presidente Erdogan, di eliminare un oppositore politico attraverso la giustizia. È il più grande movimento di protesta popolare da almeno dieci anni.

Quali sono gli scenari per il futuro?

La situazione giudiziaria è molto confusa, gli stessi avvocati turchi ieri denunciavano al palazzo di giustizia la confusione totale sulla comunicazione riguardo il mandato d’arresto, la convalida del mandato d’arresto, le accuse in campo. Fatta questa premessa, che però ci dice tanto anche del rapporto tra sistema giudiziario e società civile in Turchia, la situazione attuale è questa: Imamoglu è stato trasferito nel carcere di Marmara sulla base di accuse di corruzione. Le accuse di terrorismo ancora non sono state valutate dal giudice, che ha detto di non ritenere necessario occuparsene.

Imamoglu è decaduto dall’incarico, il 26 marzo il Consiglio comunale – a maggioranza CHP – dovrà eleggere un reggente. Dovrebbe essere scongiurato il commissariamento totale del Comune, ma in qualsiasi momento la magistratura potrebbe decidere di riprendere in mano il dossier accuse di terrorismo, convalidare l’arresto sulla loro base, e a quel punto il governo avrebbe campo libero per commissariare il Comune e metterci un suo uomo di fiducia.

L’intervista completa in versione audio:

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