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Clima, la Cop 25 si riunisce a Madrid

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Da questa mattina, 2 dicembre, fino a venerdì 13 a Madrid si tiene la Cop 25 la conferenza che riunisce quasi 200 paesi per affrontare il tema del cambiamento climatico. Gli incontri erano previsti a Santiago in Cile, ma l’ondata di manifestazioni di protesta che ha travolto negli ultimi mesi lo stato sudamericano ha indotto le autorità a rinunciare.

Che cos’è la Cop e come è nata?
La Cop si riunisce mediamente una volta all’anno. È la Conferenza delle parti dell’Unfccc, il trattato ambientale internazionale che punta alla riduzione delle emissioni di gas serra prodotto dalla Conferenza sull’Ambiente e sullo sviluppo delle Nazioni Unite, meglio noto come Accordi di Rio. È stato adottato al termine dell’Earth Summit del 1992, celebre anche per il discorso di 6’ della tredicenne attivista canadese Severn Suzuki, per molti aspetti simile a quello pronunciato da Greta Thunberg all’Assemblea generale delle Nazioni Unite lo scorso 23 settembre.

L’Unfccc non ha avuto un carattere vincolante fino alla terza riunione della Cop nel 1997 a Kyoto, in Giappone. Il protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005 e nell’arco di otto anni è stato sottoscritto da 191 paesi e dall’Unione Europea.
Con gli Accordi di Parigi del 2015, sono diventati 195 i paesi che si sono impegnati a contenere il riscaldamento globale alla fine del secolo ben al di sotto dei 2°C, restando nei limiti di 1.5°C. Per l’entrata in vigore di questi accordi è stato necessario che almeno 55 paesi responsabili del 55% delle emissioni globali depositassero i loro atti di ratifica.
Nel 2020 è previsto che i governi chiariscano con quali azioni intendono ridurre le emissioni di CO2 e favorire il risparmio energetico, la Cop 25 di Madrid è quindi uno snodo fondamentale, a un anno dalla scadenza prefissata. Di recente, gli Stati Uniti hanno annunciato l’avvio delle procedure per l’uscita formale dagli accordi: i negoziati più importanti riguardano quindi nuovi impegni da raggiungere e la gestione del meccanismo “Loss and damage” per cui i paesi che inquinano di più si devono assumere l’onere delle loro azioni nei confronti di quelle in via di sviluppo

Perché 1.5°C sono così importanti?
È la soglia di aumento della temperatura globale indicata dai climatologi come meno pericolosa per gli equilibri mondiali e per la vita sulla Terra. Un anno fa, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) ha pubblicato un report in cui sostiene che per limitare il riscaldamento occorre ridurre del 45% le emissioni di CO2 entro il 2030.

In generale, un numero crescente di paesi sta lavorando per raggiungere questi obiettivi, ma nessuno alla velocità necessaria. Se i livelli di inquinamento si mantenessero pari a quelli attuali, si stima che nel 2100 la temperatura mondiale aumenterebbe di oltre 3°C: uno scenario insostenibile che metterebbe seriamente a rischio la sopravvivenza del pianeta.

Come sta procedendo l’Italia?
Secondo l’Emission Gap Report 2019 del programma ambientale delle Nazioni Unite, tra i paesi del G20 l’Italia si trova a metà del guado su questo tema. L’iter per arrivare a una legislazione nazionale sulle emissioni zero al momento è ferma, sarà prevista a livello di Unione Europea nel momento in cui a Bruxelles si concluderanno i passaggi per la ratifica.
A livello di decarbonizzazione della produzione elettrica, l’Italia è uno dei tre membri del G20 ad aver approvato una legge che fissa come obiettivo il passaggio completo alle fonti rinnovabili.

LUCA PARENA