Cinquanta anni fa a Buenos Aires è cambiata la storia della letteratura: il 5 giugno 1967 la Editorial Sudamericana vende le prime copie del libro di un giornalista colombiano quarantenne, Cien años de soledad. L’opera di Gabriel García Márquez consegna all’America latina il posto che spettava al Cono Sur nella letteratura, rompendo i persistenti pregiudizi coloniali. Nell’immaginaria Macondo, versione letteraria della nativa Aracataca, si intravedono i riflessi della storia della famiglia Buendía, della Colombia e del Sud America. Tutto il complesso mondo di Cent’anni di solitudine nasce in un angolo sperduto della costa caraibica, il movimento letterario del realismo magico non poteva nascere altrove.
La prima edizione del romanzo conta 8.000 copie, dopo solo due settimane, il volume è esaurito. La Editorial Sudamericana firma diciotto contratti con editori stranieri per la sua traduzione, in Italia sarà pubblicato nel 1968 da Feltrinelli al costo di 3.000 lire. Francisco Porrúa, direttore della casa editrice argentina dichiarò: “Ho deciso di pubblicarlo dopo la prima riga, dopo il primo paragrafo. Ho semplicemente capito quello che qualsiasi editore sensato avrebbe compreso al mio posto: si trattava di un’opera eccezionale”. Il grande successo mondiale arriva dopo difficoltà economiche considerevoli e forti delusioni per lo scrittore, come il rifiuto alla pubblicazione da parte dell’editore Seix Barral di Barcellona.
Márquez trasporta il lettore in un luogo irreale ma autentico, il romanzo è un grande racconto familiare, le generazioni si susseguono e aggiungono dettagli alla saga dei Buendía, un complicato e leggendario albero genealogico si intreccia con la vita dello scrittore. “È il manuale di comportamento della famiglia García Márquez, ma allo stesso tempo il comportamento di qualsiasi famiglia caraibica”, racconta Gabriel Torres García, nipote di Gabo a El País.
Il continuo ritornare del tempo è una delle cifre dell’opera. Col trascorrere degli anni, si succederanno, con una ostinata ripetizione dei nomi, vari José Arcadio e vari Aureliano, tutti diversi eppure simili tra loro e tutti condannati alla solitudine: “La storia della famiglia era un ingranaggio di ripetizioni irreparabili”. Il premio Nobel per la letteratura nel 1982 trasmette l’idea che il tempo non passi, ma giri circolarmente, i cinquant’anni di quest’opera sono solo l’inizio di un percorso di non invecchiamento, Cent’anni di solitudine è una delle opere del novecento che sono entrate nella Storia. Alla fine qualcosa rimane, anche se il tempo continua a girare, e a dimenticare.