Sulla carta la riapertura è fissata al 15 giugno, ma è improbabile che i cinema ripartano. Manifestazioni, eventi e spettacoli, inclusi quelli cinematografici e teatrali, sono sospesi dall’inizio di marzo, ma le nuove disposizioni governative sono inaccettabili per il settore.
[aesop_chapter title=”Più costi che ricavi” bgtype=”img” full=”off” img=”http://futura.news/wp-content/uploads/2020/05/noom-peerapong-2uwFEAGUm6E-unsplash-1.jpg” video_autoplay=”play_scroll” bgcolor=”#888888″ minheight=”300px” maxheight=”60%” revealfx=”off” overlay_revealfx=”off”]
“Con assoluta certezza si presenterà questo scenario: introiti largamente più bassi e spese certamente più alte – spiega Gaetano Renda, gestore del cinema Fratelli Marx di Torino e membro del comitato di gestione del Museo Nazionale del Cinema -. Alle abituali mansioni e alle normali restrizioni sulla pubblica sicurezza, si aggiungono quelle relative alla gestione del Covid-19 come igienizzazione, diminuzione degli spettacoli e dei posti. Di conseguenza anche inserimenti in organico di più personale: è probabile che molte sale non riapriranno a queste condizioni”. Inoltre c’è il problema della programmazione, come spiega Ambra Troiano, titolare del cinema Ambrosio di Torino: “Il mercato è fermo e nel mese di giugno non dovrebbe uscire nessun film. La prima pellicola è prevista per metà luglio, ma non è detto che la data venga mantenuta. Il mercato del cinema è globale, quindi la riapertura delle sale in Italia non farà tornare i grandi film”.
A differenza di settori come la ristorazione, in cui il prodotto non è mancato ma sono cambiate le modalità di consumo, al cinema manca la materia prima. E mancherà per i prossimi mesi. A marzo tutti i set cinematografici sono stati fermati, come spiega il produttore cinematografico Alessandro Borrelli: “Sono luoghi dove è difficile praticare il distanziamento, perché si lavora in tanti in ambienti molto stretti”. Recentemente imprese e sindacati hanno trovato un accordo per consentire la ripartenza di tutte le fasi di un’opera, dagli uffici ai set cinematografici. Regole stringenti, ma doverose per tornare al lavoro: distanza, mascherine, strumenti per la sanificazione, tamponi agli attori. Il testo dovrà essere sottoposto alle istituzioni per l’approvazione.
[aesop_chapter title=”Lo streaming” bgtype=”img” full=”off” img=”http://futura.news/wp-content/uploads/2020/06/glenn-carstens-peters-EOQhsfFBhRk-unsplash.jpg” video_autoplay=”play_scroll” bgcolor=”#888888″ minheight=”300px” maxheight=”60%” revealfx=”off” overlay_revealfx=”off”]
In questo periodo di chiusura numerosi distributori hanno optato per il pay per view o per lo streaming: è stato il caso di Favolacce, vincitore dell’Orso d’oro a Berlino ora disponibile su Infinity e Tim Vision, oppure The Lighthouse, film con Robert Pattinson e Willem Dafoe presente nel catalogo di Amazon Prime Video. Secondo Renda “È cominciata una sorta di deregolamentazione rispetto alle norme vigenti che condizionavano il passaggio del film allo streaming soltanto 105 giorni dopo la proiezione: le cosiddette finestre cinematografiche. Ai distributori e ai produttori che hanno deciso di andare in streaming si sono aggiunti anche alcuni autori, che io credo non esisterebbero senza le sale cinematografiche”.
Secondo Ambra Troiano, nei mesi scorsi, prima del lockdown, c’è stata la prova che lo streaming non riuscirà a sostituirsi alle sale: “Film come “The Irishman” o “Sulla mia pelle”, usciti in contemporanea su Netflix e in sala perché la piattaforma ha voluto sperimentare, hanno riempito i cinema. Il pubblico evidentemente ha l’idea che un film particolarmente importante o di valore debba essere visto nella cornice adatta, che è quella del grande schermo”. Per l’estate l’associazione di cui fa parte, l’Arturo Ambrosio, pensa alle arene estive e punta al Parco del Valentino. E tutto questo quando Torino, per i vent’anni del Museo alla Mole e di Film Commission, era stata nominata Città del Cinema 2020.
Articolo tratto dal Magazine Futura uscito il 3 giugno 2020. Leggi il Pdf cliccando qui