“L’Embraco è in confusione ma deve trovare in fretta una soluzione, altrimenti sarà un muro contro muro che non servirebbe a nessuno, in primis ai 497 lavoratori a rischio licenziamento e a cui va tutta la nostra solidarietà”. Il presidente della Regione Sergio Chiamparino è tornato sul caso dell’azienda del gruppo Whirlpool, confermando di non essere particolarmente sorpreso dall’ennesimo rinvio.
Oggi, giovedì 15 febbraio, negli uffici del Ministero dello Sviluppo Economico, a Roma, era in programma un incontro decisivo: i vertici della società che produce compressori per frigoriferi si erano impegnati a dare il via libera alla cassa integrazione per i dipendenti. Una mossa invocata dal ministro Carlo Calenda e dai sindacati come un salvagente, in attesa di trovare nuovi investitori disposti ad acquistare lo stabilimento di Riva di Chieri. Per volontà di Embraco l’incontro è stato però rinviato a lunedì 19.
La scelta di posticipare il summit all’inizio della prossima settimana ha mandato su tutte le furie i sindacati. “L’azienda non si è più fatta sentire e non sembra abbia intenzione di ritirare la procedura di licenziamento – spiega Ugo Bolognesi della Fiom Torino – Il governo ha espresso posizioni nette: o i licenziamenti vengono bloccati o sarà considerato un attacco al sistema Paese”. Per questo Fiom e Uilm hanno organizzato un nuovo presidio domenica mattinata davanti allo stadio Olimpico Grande Torino di via Filadelfia, prima del derby Toro-Juve delle 12.30. Nel frattempo i lavoratori hanno fatto un blitz a Villanova d’Asti, dove hanno incrociato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che era nella cittadina dell’astigiano in visita allo stabilimento della Marcegaglia. “Il governo è al lavoro per trovare una soluzione”, ha assicurato Poletti.
L’agonia dei 497 licenziandi della fabbrica di Riva di Chieri su un totale di 537 addetti dura ormai da diverse settimane, dopo l’annuncio della multinazionale brasiliana di voler delocalizzare la produzione in Slovacchia. L’ultima puntata la scorsa settimana in Prefettura a Torino, quando Calenda si era seduto al tavolo con i vertici dell’azienda e i sindacati. “Dobbiamo continuare a lottare fino a giovedì, per me e per il governo italiano non esiste l’opzione che i licenziamenti non vengano ritirati”, aveva detto il ministro dello Sviluppo Economico al termine della trattativa. Al momento l’appello non è servito e i lavoratori contano ormai i giorni che li separano dal 26 marzo, quando i licenziamenti diventeranno effettivi.