Un passato da rugbista professionista, un presente da chef che si dedica agli altri. Dopo mesi di assenza dagli schermi televisivi lo Chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini, si fa rivedere sul palco del Festival del Giornalismo Alimentare. Come spiega Massimiliano Borgia, direttore della kermesse, «Rubio ha rappresentato l’altro modo di mostrare il cibo in tv: vicino al sociale, vicino alla tradizione popolare». Sarà proprio il giornalista a intervistarlo nel panel intitolato “Io, Chef Rubio”, dove il cuoco viene definito “il personaggio più controverso della cucina televisiva”.
Classe 1983, Rubini appare per la prima volta in tv 7 anni fa, con la prima puntata di “Unti e Bisunti”: una serie tv dedicata allo street food, dove il cuoco rude e tatuato riesce a conquistare i telespettatori a suon di accento romano e baffi all’insù. Da qui in avanti viene notato non solo per le sue doti culinarie, ma anche per l’indiscutibile talento nel trasmettere la sua passione per il cibo, soprattutto quello di strada. In pochi, però, lo conoscono per l’impegno sociale: dalla prima video-ricetta in Lis – la Lingua dei Segni Italiana – nel 2015, al ruolo di portavoce della campagna per i diritti umani Write for Rights di Amnesty International. Alla partecipazione, al fianco di ActionAid Italia, a #Fuoriclasse: un viaggio in Zimbabwe e in Cambogia per raccontare il tema del diritto dell’infanzia all’istruzione. Sua la campagna “Pasto sospeso” con lo scrittore Erri De Luca: un’iniziativa rivolta ai migranti ospitati dall’associazione Baobab Experience. Impegni che porta avanti accanto alla carriera televisiva: oltre a “Unti e Bisunti”, anche “I re della griglia” e “Camionisti in trattoria”.
Secondo Borgia «Rubio ha saputo scavare nell’anima delle città: con lui non abbiamo visto bistrot laccati, ristoranti stellati, tovaglie o tavoli tondi. Abbiamo visto gli osti, i porti, gli autogrill». In “Unti e Bisunti” Rubio esplora il lato oscuro dell’Italia sfidando persone del luo- go in gare culinarie. È il suo fairplay nei confronti dell’avversario – quasi sempre vincitore – che lo rende l’idolo degli studenti degli istituti alberghieri: «È un personaggio umano, in grado di riconoscere non solo la propria sconfitta, ma soprattutto la bravura del suo sfidante». Probabilmente dei valori imparati sul campo da rugby, lo sport che pratica dall’età di 10 anni.
Circa un mese fa, però, lo chef scompare dagli schermi. «Sentivo di aver già dato tutto e continuare a girare per gli ascolti non è mai stata e mai sarà una mia peculiarità» scrive su Instagram. E così fa della dedizione al sociale un impegno a tempo pieno: inizia un periodo di cooperazione umanitaria con la Ong italiana Acs – Associazione Cooperazione e Solidarietà, in collaborazione con il Centro Italiano di Scambio Culturale Vittorio Arrigoni-Vik. Partecipa al progetto Gaza Freestyle per organizzare progetti di emergenza umanitaria per aiutare i palestinesi. Ma Rubini è anche un fotogra- fo e come tale documenta le sue esperienze con scatti e video senza filtri. Sono nella sezione “Point of View” del suo sito, sulla sua pagina instagram personale e sul profilo @chefrubiophotographer. Seguito da 730mila follower, nell’ultimo periodo ha raccontato la sua quotidianità da Gaza a 2300 chilometri dall’Italia. E qui, anziché mostrare foto di piatti composti in maniera precisa e maniacale come fanno gli chef stellati, ha mostrato le storie di chi li ha cucinati.