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Che cos’è l’economia circolare, UnionCamere presenta i dati e le soluzioni per le aziende

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Per indagare il grado di conoscenza e di applicazione dei principi dell’economia circolare (un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo garantendo dunque anche la sua ecosostenibilità) in Piemonte, Unioncamere Piemonte ha sottoposto un breve questionario a un campione significativo di imprese manifatturiere regionali. La rilevazione è stata condotta nei mesi di ottobre e novembre e ha coinvolto 1.851 imprese aziende del territorio. Dall’analisi è emerso come il 46% circa delle imprese manifatturiere intervistate non sia ancora a conoscenza di quelli che sono i principi base dell’economia circolare: la percentuale sale al diminuire della dimensione aziendale e risulta più elevata nei territori del Nord-Est, in particolare a Vercelli e Verbania.

 

A livello settoriale le carenze conoscitive più consistenti riguardano le industrie del legno e del mobile (47,8%) e quelle meccaniche (46,8%). Tra le imprese manifatturiere piemontesi che dichiarano, invece, di conoscere i principi base dell’economia circolare, meno del 10% applica tali principi in maniera sostanziale, il 48% li attua solo parzialmente, mentre il 43% non li applica. Tra le realtà aziendali che applicano già i principi di economia circolare si rileva una particolare attenzione sul tema dei rifiuti, su quello della riduzione dei materiali e sul risparmio energetico.

Il 31% di aziende ha già ridotto i rifiuti, il 46% sta iniziando a farlo e circa il 10% di aziende sta programmando queste azioni per il futuro. Il 45% sta già svolgendo e implementando attività di riduzione dei materiali/uso materiali riciclati/eco-design, il 20% sta pianificando queste azioni per il futuro, mentre un 10% dichiara di non avere in programma queste azioni.

Rispetto al risparmio energetico, il 54% delle imprese piemontesi che applicano i principi dell’economia circolare è orientato al tema del risparmio energetico, avendo già in corso o in via di implementazione le azioni di riduzione dei consumi, il 22,5% sta pianificando queste azioni per il futuro, il 9% non lo farà.

La principale motivazione che spinge le aziende piemontesi verso i principi di economia circolare è la riduzione dei costi (68,2% delle risposte), seguono il miglioramento dell’immagine del brand (vero soprattutto per le aziende tessili, alimentari e quelle petrolifere, plastiche, chimiche) e la risposta ad adempimenti legislativi.

Tra gli ostacoli che hanno, invece, limitato o impedito l’introduzione di pratiche di economia circolare troviamo la mancanza di esperienza o carenza di competenze sul tema (30,4% delle risposte), l’indisponibilità o insufficienza di informazioni (24,1%) e i costi elevati per introdurre l’innovazione (23,1%).

Ne abbiamo parlato con Nadia Lambiase, dottoranda in Innovation for the Circular Economy all’Università degli Studi di Torino. Oltre che ricercatrice, è imprenditrice in qualità di ideatrice, fondatrice e presidente di Mercato Circolare  c offre un sostegno alle imprese che intendono investire nell’economia circolare (ha anche un’applicazione).

Nadia Lambiase

“Economia circolare viene confusa con riciclo” osserva Lambiase, che dopo la laurea in Cooperazione, Sviluppo e Mercato Transnazionali ha lavorato dieci anni in Banca Etica, occupandosi di progetti di microcredito, microrisparmio, innovazione, pianificazione strategica e controllo di gestione. “Invece è un qualcosa di più complesso. È una strategia per progettare la produzione ma anche l’uso, il consumo e l’utilizzo dei beni in modo che si riducano gli impatti, le esternalità negative, gli utilizzi di materie prime. Con l’economia circolare si vuole mantenere, il più a lungo possibile, il valore della materia”.

 

Quali difficoltà sta riscontrando? Le imprese sono pronte all’economia circolare?

“Le imprese fanno fatica a cogliere le potenzialità dell’economia circolare. Altre imprese fanno già economia circolare e l’hanno sempre fatta. È un mix di tradizione e innovazione. La nostra missione consiste nell’agevolare le altre imprese nella comprensione e transizione verso questo nuovo modello economico. Che comunque è una prassi che si sta consolidando. Il riciclo è solo una delle strategie dell’economia circolare che punta, per esempio a privilegiare l’uso di un bene piuttosto che possederlo, come nel caso dei car sharing”.

 

Le normative vigenti aiutano?

“L’altra fatica è legislativa. Per esempio a Treviso è stato sperimentato il primo centro di recupero di pannolini. Però poi è stato fermato perché i pannolini non potevano essere trasformati. Un bene ancora funzionante che viene portato in discarica non può più essere trattato, se non smaltito. Bisogna ridefinire le regole e consentire maggiori agevolazioni e incentivi.

Nel 2015 l’Unione Europea ha emanato una direttiva quadro sull’economia circolare recepita dall’Italia nel 2018. Però il nostro paese si è concentrato più sul problema del rifiuto. Bisogna fare in modo che i beni non abbiano l’obsolescenza programmata. Oppure imporre per legge che il prodotto sia disassemblabile. Come vedete l’economia circolare c’entra col riciclo, ma anche con la progettazione di un bene”.

 

Torino è pronta a questo nuovo paradigma economico?

“Torino è una città attenta. Personalmente ho fatto parte di un progetto Torino Linving Lab per cercare nuove soluzioni di economia circolare. Tra i progetti selezionati ce n’era uno sull’edilizia circolare, ossia come recuperare materiali dismessi per farne arredi creativi. È in fase di definizione un hub per l’economia circolare a Torino. Nel 2020 si vedrà se nascerà”.

Il 4 febbraio 2020, alle ore 10:30, nella Sala Engage di Rinascimento Sociali (Via Maria Vittoria 38, Torino) si terrà un focus group sull’economia circolare in Piemonte, nel corso del quale saranno presentati questi dati e sarà aperto un dibattito.

NICOLA TEOFILO