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Nuovo decreto per i centri in Albania, l’ipotesi cpr

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Dopo la doppia bocciatura dei giudici sui centri in Albania, il governo sta valutando un nuovo decreto. Shengjin e Gjader potrebbero diventare centri per i rimpatri: questa l’ipotesi che Repubblica ha rivelato citando fonti che stanno lavorando al progetto. Per evitare che i centri in Albania restino deserti, l’esecutivo sta valutando di stravolgere l’idea originaria e trasformarla. Se le strutture diventassero cpr, non ospiterebbero più i migranti in attesa delle procedure di frontiera, ma gli irregolari già presenti in Italia e in attesa dell’espulsione. Di conseguenza, la convalida dei trattenimenti da parte delle Corti d’appello non sarebbe più necessaria. 

Repubblica aggiunge che il progetto di trasformare i centri in cpr non è però facilmente praticabile. Citando alcuni magistrati, la testata riporta che il protocollo ratificato con legge dal Parlamento italiano e albanese non è sufficiente, in quanto bisognerebbe attendere l’entrata in vigore delle nuove norme dell’Unione europea. 

La professoressa Algostino, docente di diritto costituzionale all’Università di Torino, pone l’accento sull’extraterritorialità dei centri in Albania. Il problema si poneva anche per l’utilizzo previsto inizialmente. Questa volta, però, i migranti sarebbero soggetti presenti sul territorio italiano e non si verificherebbe la condizione del “non ingresso”. L’eventualità che questo progetto prenda forma costituisce un problema di “tutela effettiva dei diritti, restrizione della libertà personale e della possibilità di esercitare i diritti di difesa”. “Per fare valutazioni concrete bisognerebbe avere il decreto in mano – dice Algostino – , ma a prima vista sembra un provvedimento che possa presentare notevoli profili di collisione con l’orizzonte costituzionale”.

Il sito di Gjader contiene già tre diverse strutture: una sezione per 880 migranti provenienti dai cosiddetti “Paesi sicuri”, un centro di permanenza per i rimpatri da 144 posti e un mini-penitenziario da 20 posti. Il cpr era stato pensato per coloro che avessero ottenuto la convalida del trattenimento, che però non è mai stata concessa. In quattro mesi, tre viaggi della Marina militare hanno trasportato alcune decine di persone nelle strutture. Sono sempre state riportate in Italia: i migranti non potevano essere trattenuti perché vulnerabili, minorenni o provenienti da paesi valutati come non sicuri dai giudici.

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