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“Caro Signor G”, perché Gaber ci manca tanto

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Erano gli anni ’70 quando al Piccolo teatro di Milano esplodeva il fenomeno “Signor G”.
Giorgio Gaber, insieme al suo coautore e amico Sandro Luporini, decise di lasciare il mondo della televisione per approdare nei teatri italiani con il suo Teatro-canzone. Una scommessa vinta, perché ancora oggi le canzoni di Gaber affascinano il pubblico, che non lo ha mai dimenticato.

Con questo spirito Tangram Teatro ripropone da oggi, venerdì 24 gennaio fino a domenica 26, lo spettacolo “Caro Signor G”, ideato l’anno scorso in occasione degli ottant’anni dell’artista, per riflettere insieme agli spettatori sulla figura e le idee del cantautore milanese.
“Non è il primo lavoro su Gaber che proponiamo: abbiamo con lui un rapporto particolare e insieme alla Fondazione Gaber cerchiamo di mantenerne vivo il repertorio”, spiega Bruno Maria Ferraro, autore dello spettacolo insieme a Ivana Ferri.
Un omaggio che ha la forma di una lettera personale a Gaber, e che, attraverso i monologhi e le canzoni scivola pian piano in una serie di considerazioni politiche, sociali e personali che sono la fotografia acuta e ironica delle contraddizioni e dei tic dell’italiano medio.
“Gaber e il suo coautore Sandro Luporini hanno avuto la capacità di intercettare una serie di problemi e umori che analizzati oggi sono ancora attualissimi – e a questo proposito continua Ferraro – come diceva Luporini quando parlava del loro lavoro, non si tratta di lungimiranza ma è la realtà che in fondo non cambia”.
Il teatro canzone è ancora molto seguito e continua a raccogliere riscontri importanti a livello di partecipazione: “Da una quindicina di anni la canzone d’autore ha trovato una seconda vita – spiega Ferraro – nata a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, il suo momento d’oro, era riuscita a dare al pubblico quello che poesia e letteratura forse non facevano più: raggiungere una parte di pubblico molto ampia e popolare attraverso la creazione di un patrimonio culturale condiviso tra generazioni diverse”.
Molti film oggi hanno per titolo una canzone e diverse trasmissioni televisive fanno riferimento alla canzone d’autore. “E’ un genere che ha lasciato un segno importante e non smette di essere veicolo di emozioni e di scambi.
Riproporlo avvalendosi della potenza del teatro vuol dire ridargli forza e suggestione” conclude Ferraro.
Il fascino di spettacoli del genere è forte anche sul pubblico più giovane, e Gaber aveva il cruccio delle generazioni: “I ragazzi oggi si trovano a vivere in un periodo storico e sociale molto difficile da interpretare.
La nostra generazione ha perso, come diceva Gaber, perché non è stata in grado di passare valori e idee in modo armonico da una fascia di età all’altra.
Ma – come fa notare Ferraro – quando un gruppo di ragazzi si trova insieme con una chitarra in mano in mezzo alle loro canzoni tornano sempre anche quelle dei cantautori classici.
È qualcosa che continua a collegare nonostante tutto generazioni diverse che faticano a comunicare”. “Caro Signor G” mescola in un disegno unico questi elementi, nella consapevolezza che, come spiega Ferraro, “Giorgio è stato e continua ad essere una voce limpida e potente, capace di parlare di sentimenti e di politica come ormai ci stiamo disabituando a fare.
Rabbia e ironia sono invece gli elementi dominanti di questo nostro lavoro che vuole essere un omaggio a lui e un regalo a quel che resta dell’intelligenza e del buon senso di questa stropicciata società nella quale tutti noi viviamo”.

L’appuntamento al Tangram è stato preceduto da un incontro al Circolo dei Lettori in cui Bruno Maria Ferraro ha dialogato con Alessandra Comazzi sul personaggio Gaber anche al di là del teatro canzone: quando la tv italiana era agli esordi lo era anche il cantautore, si esibiva con regolarità prima di abbandonare il piccolo schermo.

Articolo tratto dal Magazine Futura uscito il 22 gennaio 2020. Leggi il Pdf cliccando qui

FRANCESCA SORRENTINO