Oltre 35mila presenze in città e oltre 21mila biglietti venduti con un totale di circa 300mila euro di incassi. Questo è l’esito della prima giornata dell’edizione 2025 dello Storico Carnevale d’Ivrea, terminato il quattro marzo. La manifestazione centenaria, tradizionale momento di ritrovo per tutti gli e le eporediesi e capace di attirare migliaia di persone dal Piemonte, l’Italia intera e il resto del mondo, ha registrato un successo tangibile, coronato dal record di biglietti venduti online nella giornata di domenica (circa 6000). È la conferma dell’esponenziale crescita che l’evento sta conoscendo negli ultimi anni.
Rispetto al 2024 circa 4000 persone in più sono arrivate a Ivrea ad assistere al Carnevale, per il quale la città si è fatta trovare organizzata, con punti ristoro e servizi igienici situati nei punti strategici e recinzioni e vie di fuga nel centro cittadino per gestire il flusso del pubblico. Quanto al bollettino dei feriti, domenica sono stati registrati 174 contusi, di cui 4 portati al pronto soccorso. Per i dati completi sulla partecipazione all’evento, gli incassi e le persone ferite bisognerà aspettare i dati definitivi da parte dell’organizzazione.
Foto di Elisa Giuliani
La storia del Carnevale d’Ivrea
Si tratta è un evento di tradizione centenaria, che si svolge nel ponte di Carnevale da domenica fino al martedì “grasso”. Risale al XVI secolo ed era inizialmente organizzato e gestito dai rioni della città, in rivalità e in lotta tra loro durante i tre giorni di festa. Il Carnevale a cui si assiste oggi è il risultato di un complesso di cerimonie, che si sono unite e modificate nel corso di generazioni. La “Vezzosa Mugnaia” rimane tutt’oggi l’immagine principale dell’evento, simbolo di libertà ed eroina della festa sin dal 1858: nella leggenda fu il gesto eroico di Violetta, la figlia di un mugnaio, a liberare il popolo eporediese dalla tirannia, ribellandosi allo ius primae noctis imposto dal barone. La cittadinanza, insieme ai visitatori e alle visitatrici scendono in strada indossando il tradizionale “berretto frigio”, un cappello rosso a forma di calza, che rappresenta l’adesione ideale alla rivolta e quindi l’aspirazione alla libertà.
Nei tre giorni di festa, si svolge la tradizionale sfilata alla quale partecipano carri, gruppi folcloristici e bande musicali provenienti, su invito, anche da altre regioni italiane o da altri paesi europei. Dopodiché si svolge il lancio delle arance, il tratto più peculiare della manifestazione eporediese. L’origine dell’usanza risale all’Ottocento, quando le giovani borghesi d’Ivrea presero l’abitudine di gettare per gioco le arance dai balconi durante le sfilate. Nelle edizioni moderne il lancio di arance ha assunto il richiamo di lotta tra il potere (simboleggiato dalle persone sui carri che girano la città) e il popolo in rivolta (gli “aranceri”, le persone a terra che difendono il proprio rione dai carri).
Folklore o spreco alimentare?
Ed è proprio il lancio delle arance ad attirare frotte di visitatori, visitatrici e persone curiose del folklore tipico del Carnevale d’Ivrea, nonché ad attirare su di sé le critiche di chi si interroga sul senso dell’enorme spreco di cibo provocato dalla festa. Le aziende agricole del sud che ogni anno riforniscono Ivrea di arance, per quasi 200mila euro annui, assicurano che in ogni caso le arance che vengono usate non potrebbero essere destinate al consumo alimentare. Si tratta infatti di arance di seconda o terza scelta, che dopo la battaglia vengono raccolte dalle strade e trasformate in compost negli impianti di Asti e Santhià. Niente da temere, dunque, anche per le persone più attente all’ambiente.