Dal primo luglio la Serie A femminile di calcio sarà un torneo professionistico. Per la prima volta nella storia dello sport italiano, a giocare saranno quindi atlete professioniste. Secondo Roberto Salerno, presidente del Torino Women, è una riforma “irragionevole”.
“Il calcio femminile non ha ancora gli elementi per sostenere il professionismo. Non ha la qualità e non ha i numeri. È uno sport che piace a una nicchia di appassionati, ma non può giustificare l’avvento del professionismo”. La questione è economica e di sviluppo. Ci vorrebbero anni, con piani di sviluppo oculati, per arrivare a forme sostenibili di professionismo: “E anche lì, non bisognerebbe pensare agli ingaggi di milioni che si vedono nel calcio maschile. Le ragazze giocano, giocano bene, fanno vedere delle belle partite, ma conosciamo i limiti del calcio femminile in termini di potenza, gesto tecnico, dinamica…sono elementi che lo rendono difficile da commercializzare a un pubblico più ampio, attirare sponsor e pubblicità”.
“Non ci sono calciatrici sul territorio, solo cattedrali nel deserto”
L’errore non è, certamente, portare il professionismo nello sport femminile in generale. Ma partire dal calcio significa “privilegiare le cattedrali nel deserto: la Juventus, l’Inter, il Milan, squadre di Serie A maschile che hanno anche una formazione femminile”. Ma il territorio non ha giocatrici: “Le squadre di calcio femminili in Piemonte stanno diminuendo: due anni fa in Serie C c’erano sei squadre della regione, oggi sono due. Così è come partire a costruire dal tetto invece che dalle fondamenta. Sotto il tetto non c’è nulla. Lo sport, così, si sviluppa in modo distorto”.
Un tentativo era stato fatto, anni fa, per andare nella direzione giusta, ricorda Salerno: “Quando il Torino Women era in Serie A – dove è stato per 26 anni di fila – e io ero presidente, abbiamo creato l’Assopresidenti e abbiamo proposto un graduale obbligo per le squadre più radicate e diffuse sul territorio, quelle di Serie D e Serie C, di creare squadre femminili”. Questo avrebbe permesso di avere una base di squadre e di giocatrici più numerosa, su cui costruire uno sport strutturato meglio e più pronto, quindi, al professionismo.
“Anche sulle cifre bisogna fare chiarezza. Nella condizione attuale del calcio femminile, in Serie A, se si vuole essere sostenibili economicamente si può pensare a stipendi di duemila euro al mese, per chi si dedica interamente al calcio e non ha altri lavori”. Le aspettative, quindi, vanno ridimensionate rispetto al calcio maschile, “proprio perché non c’è lo sviluppo, sportivo ed economico, sufficiente per andare oltre”.
Cairo è interessato, ora?
Sul futuro del Torino Women, che non è legato al Torino FC maschile, a oggi non ci sono novità in vista. Per Urbano Cairo, presidente del Toro, potrebbe diventare conveniente incorporare il Torino Women nella propria società e farne una di quelle “cattedrali nel deserto” tentando di riportarla in Serie A? Roberto Salerno non ha ancora avuto indicazioni su questo: “Stiamo a vedere come andranno le cose. Cairo lo sa da anni, noi siamo disponibili a parlarne, se ci fosse interesse verso la nostra storia, senza porre particolari condizioni”.