Una situazione “normale”, uno status sui social come purtroppo capita spesso di leggere: “8 uomini-3 ragazze. Sentirvi urlare: “che bei culi!” e poi non contenti “mi faccio la bionda’” – per inciso eravamo 3 bionde – mi ha fatto veramente incazzare perché non ricordo affatto né il momento in cui vi ho chiesto un parere sul mio culo né il momento in cui vi ho dato anche solo un accenno di confidenza”. A scrivere è Mariachiara Cataldo, 23 anni, studentessa di Economia e Management a Torino: “Non voglio più avere paura e non voglio più stare zitta. Vi aspettavate che vi ringraziassi per il “complimento”?! Io però non voglio augurarvi il male, ma anzi una cosa stupenda: che un giorno abbiate una figlia e che vi rendiate conto che quello che avete fatto a me o ad altre donne non vorrete mai che capiti a ciò che più amerete nella vostra vita. Iniziate a cambiare da oggi per le vostre figlie di domani”.
Ma Mariachiara non si è fermata al post su Facebook: insieme alla compagna di studi Francesca Valentina Penotti ha lanciato un invito a condividere online le proprie esperienze con gli atteggiamenti sessisti, molesti e violenti, tramite un account su Instagram.
Visualizza questo post su Instagram
Un post condiviso da Break The Silence (@breakthesilence_ita) in data:
Si scatena una sequela di testimonianze e commenti, come racconta stamattina La Stampa di Torino, che varca i confini della città e del Piemonte e arriva ad abbracciare tutta Italia: un triste patrimonio condiviso di battute, fischi, allusioni, che a volte culminano in veri e propri atti di violenza. “Questa non è una realtà che colpisce quattro sfigate ogni tanto, è la realtà in cui noi donne siamo costrette a vivere – sottolinea Penotti, anche lei su Facebook – È arrivato il tempo su questa “normalità” malata debba essere posta la scritta “fine”.
Nemmeno un anno fa è stata la stessa Università di Torino a scendere in campo contro la violenza sulle donne, aprendo uno sportello dedicato. Adesso è tempo di sollevare la coltre di silenzio che avvolge questi episodi. Un movimento culturale che, come le altre battaglie per i diritti degli anni Duemila, passa dai social network e libera le voci intorno a un hashtag, #BreaktheSilence.