Poter leggere con le mani. Usare altri sensi per accedere alle parole e, attraverso loro, a informazioni e storie. Questo è il Braille.
Sviluppato nel 1821 da un’idea del francese Louis Braille, semplificò l’accesso all’educazione per le persone affette da cecità, consentendo loro non solo di leggere, ma anche di prendere appunti in maniera efficiente.
Domenica 21 febbraio è stata la giornata nazionale del braille, il sistema di scrittura in rilievo per persone non vedenti e ipovedenti.
L’alfabeto resta ancora oggi il metodo più efficace per la diffusione del messaggio su carta, sfruttato da circa 800 lingue e dialetti nel mondo. Il sistema si basa sulla combinazione di sei punti, disposti su una matrice fissa, che permette di replicare tutte le lettere dell’alfabeto e la punteggiatura.
Con l’avvento delle nuove tecnologie, dagli audiolibri al voiceover – ormai disponibile in tutti i sistemi operativi – si potrebbe pensare che sia finito il tempo per la lettura tattile. Non è così per Gianni Laiolo, presidente della sezione torinese dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti: “Credo anche che il solo dato sonoro, pur utilissimo, non sia sufficiente alla conoscenza profonda della realtà: fin dalla scuola primaria, i bambini hanno bisogno di confrontarsi con il testo scritto per imparare la grammatica. E per apprendere una lingua straniera è fondamentale capire come sono scritte le parole e come è costruita la frase. Ecco perché il codice braille ha un ruolo insostituibile nel percorso formativo”.
Prima l’unica modalità di accesso al testo scritto era il sistema Haüy, sviluppato dal filantropo Valentin Haüy: l’intuizione dell’uomo – vedente – fu di stampare il regolare alfabeto latino in rilievo, consentendo ai ciechi di leggere attraverso l’uso del tatto. Il sistema – usato dallo stesso Braille per i suoi studi – presentava delle problematicità, una su tutte l’impossibilità di scrittura. Combinando l’idea della scrittura tattile al codice militare sviluppato dal capitano Charles Barbier, Braille brevettò un codice semplice, replicabile e soprattutto versatile: adatto non solo alla letteratura, ma anche alla matematica e alla musica – come illustrato da lui stesso in un manuale pubblicato nel 1829.
“Dire a un ragazzo cieco che può fare a meno del braille significa privarlo di uno strumento cognitivo di fondamentale importanza, negargli un’opportunità di inclusione e autonomia che non ha eguali”, continua Laiolo. Per questo è importante – più che parlare di sostituzione – pensare a un’integrazione delle novità tecnologiche con il sistema più tradizionale del codice braille nelle scuole per una didattica a tutto campo. “Grazie a possibilità che fino a un ventennio fa erano del tutto inimmaginabili, oggi, per chi non vede, il mondo della cultura è senz’altro più accessibile rispetto al passato e abbiamo ragione di sperare che il futuro sarà ancora più inclusivo”.
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Il metodo che usavano per la scrittura a mano in braille prima dell’invenzione della macchina da scrivere Perkins. Il processo richiede la formulazione delle frasi all’inverso, da destra verso sinistra, dal momento che poi il foglio deve essere voltato per essere letto.
@paralympics Christella Garcia reads the Braille written on her medal on the podium. #judo #paralympics #medals #braille
La judoka paralimpica Christella Garcia si commuove a leggere l’incisione in braille sulla sua medaglia di bronzo, vinta a Rio nel 2016.
@extrememotus
Una ragazza non vedente scrive l’alfabeto braille con una macchina da scrivere Perkins.
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Una ragazza non vedente spiega come scrive e legge in braille grazie a un dispositivo di ultima generazione collegabile a computer, telefono o tablet. I tre pulsanti sulla sinistra sono i primi tre punti del braille, mentre i tre sulla destra sono gli altri tre. Al centro è posta la barra spaziatrice. Il display in fondo traduce tutto quello che è scritto sullo schermo in braille. Il dispositivo è dotato anche di uno schermo touch, utile alla scrittura.