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Bitcoin: Torino tra le città pioniere delle criptovalute

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I Bitcoin volano, e il loro successo passa anche da Torino. Nella settimana in cui la criptovaluta ha raggiunto i 9869.9303 euro, con un apprezzamento di dieci volte in un solo anno, Chainblock, la società che ha in licenza l’unico bitcoin bancomat di Torino, ha deciso di investire e ampliare la propria copertura a livello nazionale. Per ora in Italia gli sportelli nei quali è possibile acquistare Bitcoin sono quattordici, e tra i primi quattro gestiti dalla Chainblock, uno è quello di Rinascimenti Sociali in via Maria Vittoria.

Bitcoin sempre più accessibili

“Serviamo oltre settemila clienti su quattro sportelli, ma sulla scia dell’esperienza positiva avuta finora abbiamo deciso di installarne altri tre nelle prossime settimane”, ha detto a Futura il CEO di Chainblock Federico Pecoraro. Quanti Bitcoin vengano spostati su ogni singolo sportello non è possibile saperlo, “ma parliamo di almeno cinquecento Bitcoin totali finora. Sono quasi cinque milioni di euro”.  Ed è comprensibile data la semplicità con la quale è possibile entrare in possesso dell’ambita moneta. È sufficiente uno smartphone e i soldi da inserire nello sportello. A meno che non si voglia evitare l’approccio analogico e fare il cambio direttamente dai numerosi siti che forniscono i servizi di cambio.

Bolla speculativa o minaccia al sistema bancario?

Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, ha recentemente etichettato le criptovalute come una “bolla speculativa” nella quale non investirebbe mai, ma i risparmiatori si affidano di più al loro istinto, e la curiosità nei confronti dell’ambita moneta cresce a ritmi altrettanto serrati: più 3900% di ricerche su Google su dove sia possibile cambiare Bitcoin. In testa il Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia e la Lombardia, ma anche il Piemonte tra le prime dieci. E la febbre da Bitcoin coinvolge anche gli stessi istituti bancari, che pubblicamente mettono in guardia dalla “bolla speculativa”, ma dietro le quinte investono e comprano.

È Sebastiano Scrofina, esperto di storia della moneta, a ricordare che “sono moltissime le banche che investono nel settore delle criptovalute e nella tecnologia che le caratterizza, tra le quali anche JP Morgan”. Definendo come “miope” la prospettiva di Messina, per Scrofina “accomunare i Bitcoin al riciclaggio è un po’ come mettere insieme Internet e pedopornografia, una forzatura usata per sconfessare il cambiamento”. Un dato interessante è piuttosto quello del piano geopolitico con il quale le criptovalute si confrontano: “Gli Stati Uniti hanno perso il primato nel controllo dell’economia – spiega Scrofina – e da quando i Bitcoin venivano usati principalmente per portare denaro fuori dalla Cina, oggi è lo strumento delle startup per potersi finanziare. Non più Venture Capital americani ma ICO (Initial Coin Offer, metodo per raccogliere fondi) con i quali neonate società soprattutto in Russia ed Europa si sono rese indipendenti da metodi più vecchi”.

RAFFAELE ANGIUS