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Bird on a wire. Leonard Cohen su pellicola a Seeyousound

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«Credo che Leonard Cohen sia stato e rimanga un grande artista, ma soprattutto credo che lui sia una grande persona. Ecco, questo è quello che volevo fare con questo film: raccontare l’uomo». Così il cineasta inglese Tony Palmer spiega al cinema Massimo di Torino uno dei suoi capolavori, “Bird on a wire”, il documentario perduto e ritrovato sul tour europeo del 1972 del cantautore canadese, morto lo scorso anno. Il film è stato presentato ieri sera nel corso di una retrospettiva su Palmer, in programma al festival internazionale di cinema e musica Seeyousound.

Cohen
Bird on a wire al Cinema Massimo

In sala è come se ci fosse stato anche Cohen, impresso sulla pellicola rimasta inutilizzata per quarant’anni, dopo il veto posto dal cantante sulla pubblicazione del materiale raccolto durante due mesi di viaggio. Sul grande schermo vanno le emozioni suscitate da questo artista mistico. Cohen appare in tutto se stesso, nelle sue debolezze e nel potere seduttivo che esercitava sugli altri esseri umani. La sua essenza viene colta negli aspetti più privati di una tournée, insieme ai fans e ai musicisti.

«Non la sento – ripete Cohen, in crisi dopo un brano in apparenza perfetto -. Non c’era musica sul palco». Fragile e allo stesso tempo consapevole del suo status di poeta, Cohen era disponibile con tutti e altrettanto pronto a interrompere gli applausi sgraditi e lasciare il palco. «Non è stato un granché. Non c’è ragione perché vi ricordiate di me» canta in “Passing Tru”. Palmer immortala il fondamento della carriera di Cohen in un momento sfortunato, quando era senza contratto discografico. A questo si lega la veridicità del documentario: la troupe è entrata in simbiosi con la band, senza ostacoli da parte della produzione. Traspaiono infatti l’umanità e la necessità di rassicurazioni di Cohen, che non viveva il concerto come esibizione, ma come tentativo di stabilire un’intima connessione, attraverso cui trasmettere al pubblico il senso delle canzoni. «Come un uccello su un filo […] ho cercato a mio modo di essere libero».

Palmer racconta che, una volta riuscito a rimettere insieme il girato dopo tanti anni, al termine della prima del film a Toronto una donna gli si era avvicinata, colpendolo al petto con un pugno: «Lei ha rovinato il mio ricordo di Leonard Cohen – lo aveva ammonito la signora – perché adesso che l’ho ascoltato dal vivo, i dischi suoneranno orribili». Leonard Cohen non c’è più, ma ci rimangono i dischi. Ci rimane soprattutto questo film di Tony Palmer, che riporta in vita l’incantesimo.

DAVID TRANGONI