Rimanere al passo con i tempi rappresenta una sfida per tutti i luoghi della cultura. In questo senso per i musei diventa fondamentale intercettare le necessità dei visitatori per offrire la migliore esperienza possibile, accompagnando il turista dal momento dell’acquisto del biglietto fino alla visita effettiva. Gli enti culturali devono quindi mettere a punto strategie che permettano di cambiare i meccanismi che meno funzionano nella gestione del museo.
Gli studi sviluppati seguendo un approccio data driven, ovvero basato sui dati, rappresentano una risorsa per gli enti che mirano a migliorare questi aspetti e “sono – spiega l’amministratore delegato di Mida Ticket Sergio Bellini, che ha partecipato, nella mattinata del cinque marzo, alla presentazione dei risultati di ricerca dell’Osservatorio big data e luoghi della cultura, il primo sull’argomento in Italia, tenutasi al Museo egizio di Torino – strumenti di analisi preventiva indispensabili per la programmazione museale”. La curatela scientifica del progetto è stata affidata a Guido Guerzoni, professore dell’Università Bocconi di Milano, che ha analizzato, assieme al un team di esperti, 35,7 milioni di biglietti e oltre 1,5 miliardi di dati sui visitatori entrati nel biennio 2023-2024 in oltre 200 luoghi della cultura di tutta Italia.
Per Guerzoni in Italia “manca ancora una cultura dei big data legata ai luoghi della cultura. Nei dati presentati dagli organi di raccolta dati e di stampa spesso non si tiene conto delle differenze infrastrutturali dei diversi musei e dei diversi metodi di vendita. In questo modo si equiparano per esempio i dati di vendita di musei che offrono biglietti gratuiti con quelli che invece fissano un costo”.
La mancanza di precisione rappresenta una grave problematica in questo ambito. La raccolta e l’analisi di dati, infatti, possono rappresentare talvolta uno spunto per intuire le criticità strutturali di un dato luogo: dal tracking del percorso che le persone compiono durante una visita, per esempio, si possono ricavare heatmap, che segnalano i punti in cui gli ospiti si soffermano maggiormente. La profilazione dei dati personali dei visitatori può invece “fornire informazioni riguardo la strategia di pricing. Molti luoghi della cultura, sia europei sia italiani, hanno provato, negli ultimi anni, a non far pagare il biglietto, per provare ad avvicinare fasce di pubblico poco avvezze alla visita. Il risultato? Si è alzata sensibilmente la quota di no-show (persone che prenotano ma non si presentano, ndr) e le fasce di età maggiormente coinvolte sono rimaste le stesse” racconta Guerzoni. Una circostanza rilevabile solo grazie allo studio dei dati.
Alcuni dei principali musei italiani hanno già utilizzato un approccio data driven per rivedere la propria strategia, come spiega la direttrice del Museo cappella Sansevero di Napoli Maria Alessandra Masucci, intervenuta al convegno: “Lo spazio del nostro museo è ridotto e ci siamo trovati di fronte al problema dell’overtourism. Una volta la maggior parte dei nostri biglietti venivano venduti alla biglietteria fisica e si creavano grandi code per via della bassa capienza della nostra struttura. Oggi, invece, vendiamo un’alta percentuale dei nostri biglietti online, un espediente che ci ha permesso di dimezzare le code d’attesa. Ciò è stato possibile perché abbiamo tre canali di vendita diversi: uno per gli acquisti singoli, uno per i gruppi e uno per le scuole. Il sistema conteggia le prenotazioni e qualora non ci fossero molte prenotazioni di gruppi e scuole, viene alzato in maniera automatico il tetto massimo di biglietti disponibili per le singole persone”. Una soluzione possibile solo grazie all’utilizzo dei big data.
Christian Greco, direttore del Museo egizio, si sofferma invece sull’importanza dei sistemi open data: “Penso che le istituzioni, musei compresi, debbano fornire a tutti l’accesso ai dati, in modo che sia possibile garantire la possibilità di ricerca a chiunque”. L’Osservatorio, a questo proposito, continuerà il proprio lavoro di divulgazione in autunno, quando diffonderà i risultati di ricerca sulla tendenza al no-show nei luoghi della cultura.