“Come stanno le donne?” è la domanda al centro del convegno di venerdì 14 marzo al Campus Einaudi, organizzato dai Comitati unici di garanzia di Università degli Studi di Torino, Politecnico di Torino, e Università del Piemonte orientale, in collaborazione con il Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere, con l’obiettivo di affrontare il nodo del benessere piscofisico. E la risposta, schietta, di Norma de Piccoli del Cirsde è poco rassicurante: “Non tanto bene”.
“Esistono patologie neglette – ha spiegato de Piccoli, docente di psicologia sociale – di cui si inizia a parlare solo ora, per identificare le quali i medici di base non sono formati, e le donne sono ancora costrette a portare il peso del lavoro di cura, che spesso si traduce in stress e burnout.” Le fa eco Paola Cassoni, delegata del rettore dell’Università di Torino per le pari opportunità e le politiche di genere: “Già l’esistenza di un punto di vista femminile del benessere psicofisico non va data per scontata, è una conquista recente. L’Organizzazione mondiale della sanità ci dice che le donne vivono sì più a lungo, ma godono di meno anni in salute; dobbiamo domandarci, le donne si prendono cura di sé? Hanno del tempo da dedicare al proprio benessere?”.
E ancora, chi sono gli operatori della sanità a cui le donne si rivolgono? Sarah Gino, professoressa di medicina legale all’Università del Piemonte orientale sottolinea: “Il rapporto di una paziente con un o con una professionista è diverso, e soprattutto quando si parla di persone che hanno subito violenza può essere difficile che con un uomo si instauri un rapporto di fiducia”.
Nel corso della mattinata sono stati toccati anche i temi dell’inclusività nello sport, della differenza genetica tra i generi che per le persone di sesso femminile comporta sia vantaggi a livello anticorpale sia una maggiore predisposizione alle malattie autoimmuni, e della discriminante di genere nella psichiatria. “La ricerca mostra come i disturbi mentali che colpiscono gli uomini abbiano più spesso origini biologiche ed ereditarie, mentre quando affliggono le donne è più frequente che derivino da fattori esterni, come il doppio e il triplo carico di lavoro, o la violenza domestica e relazionale – spiega la psichiatra Valentina Botter – . E per questo sarebbe fondamentale intervenire per la prevenzione e la cura sulla società, e non solo sull’individuo”.