“È brutto diventare italiano a diciotto anni, credo che la legge debba cambiare”. Mario Balotelli, nato a Palermo, cresciuto in provincia di Brescia, lo dice chiaramente: in Italia servirebbe una legge che consenta a chi è nato in Italia di essere cittadino a tutti gli effetti, anche prima della maggiore età.
Il calciatore del Nizza, fresco di ritorno in Nazionale, è intervenuto nel corso della presentazione del nuovo libro di Alessandro Alciato, intitolato Demoni, che racconta le storie di tredici protagonisti del mondo del calcio che hanno dovuto affrontare i propri fantasmi. Per lui, che proprio a Nizza ha tagliato il traguardo delle 35 presenze in maglia azzurra, il momento peggiore è stato “quando non ero ancora diciottenne, e per questo non ho potuto ambire a una convocazione nelle selezioni giovanili”. Poco dopo la maggiore età, però, ecco un altro fantasma affacciarsi e bussare alla finestra di Supermario. Il razzismo. Giugno 2009, Balotelli non ha ancora diciannove anni, è seduto in un bar romano in zona Ponte Milvio, in un pomeriggio di relax durante un ritiro dell’under 21. “Mentre stavamo chiacchierando, da lontano è spuntata quella moto e uno dei due occupanti ha urlato forte”. Che cosa? Insulti razzisti, naturalmente. Accompagnati da un casco di banane. “Lascia perdere, Mario”. Un mantra, il ritornello che si è sentito ripetere a ogni offesa subita.