“Non molliamo mai. A testa bassa, come i tori!”. Una risposta alla crisi di risultati della Torino ’81 firmata dal suo capitano, Emanuele Azzi. Sabato 9 dicembre per i torinesi è arrivata la sesta sconfitta su otto partite nella Serie A1 di pallanuoto. Stavolta a espugnare la piscina Monumentale è stata Posillipo (risultato di 7-8). Non sono bastate due reti di Emanuele: adesso, Torino si trova al penultimo posto con quattro punti, in zona playout e a rischio retrocessione.
Emanuele, dopo questa sconfitta sei più preoccupato per la prestazione o per la classifica?
“Entrambe. Dobbiamo alzare il livello delle prestazioni e dare una scossa alla classifica. Non è una posizione irrecuperabile, ma se non miglioriamo l’atteggiamento non possiamo risalire la china”.
Qual è il tuo bilancio dopo le prime otto partite di stagione?
“Siamo tutti un po’ delusi. Dopo le prime due partite proibitive (Sport Management e Pro Recco, ndr), dovevamo cominciare a fare punti. I match con Lazio e Catania erano alla nostra portata ma non abbiamo espresso il vero potenziale della squadra, che si è visto contro Ortigia. Stiamo andando a fasi alterne, soprattutto prevale in trasferta un approccio difensivo negativo che ci fa subire tanti gol dopo il primo tempo. Non dico che quest’anno mi aspettassi un salto di qualità, perché la squadra è più o meno la stessa della scorsa stagione, però tutti i giocatori possiedono un anno di esperienza di A1 in più e ci aspettavamo di subire meno le partite in trasferta, ma ancora una volta ci siamo mostrati traballanti”.
Al di là del ko con Posillipo, quest’anno tutti i punti sono stati conquistati in casa. Vi dà una forza in più l’urlo della Monumentale o siete voi a cambiare faccia in trasferta?
“Entrambe le cose. Giocare in casa ha un altro fascino, la partita si carica di altre aspettative. Conosciamo ogni singola piastrella della Monumentale, il pubblico è una spinta in più e sappiamo gestire meglio la concentrazione per arrivare al momento del match con l’atteggiamento giusto. In trasferta questo va ancora trovato”.
A lungo andare, prevedi i playout o l’obiettivo è una salvezza tranquilla?
“Ci siamo imposti di ottenere una salvezza tranquilla, la squadra è convinta di farcela. Anche la società ha lavorato in modo da evitare la situazione dell’anno scorso, quando ci salvammo all’ultima partita”.
Non si vive di sola pallanuoto: quindi, cos’altro fai nella vita?
“È un problema esteso a tutta la pallanuoto italiana. Se leviamo le squadre più forti, l’atleta non riesce a vivere del solo stipendio della società, soprattutto finita la carriera. A Torino, solo un quarto della rosa è composto da professionisti: gli altri si dividono tra studio, lavoro e pallanuoto. Io mi sono laureato nella specialistica in Chimica e adesso lavoro nello stesso ambito con una borsa di studio offerta da UniTo”.
Sei nato nel 1991 e cresciuto con la generazione d’oro del Settebello. Quanto è stato importante per te avere quei campioni come modello?
“È stata una grande motivazione, anche se ho cominciato pallanuoto solo a 11 anni. Prima ero un portiere, ma mi sono accorto in fretta che col calcio avevo poco da spartire e che mi divertivo più in acqua. Ho visto giocare Carlo Silipo, di cui ho la foto in cameretta. Andando avanti nel tempo, ho visto la nazionale cambiare grazie al grande lavoro di ringiovanimento fatto da Sandro Campagna. Una nuova generazione ha sostituito le vecchie glorie, strappando prima l’oro mondiale nel 2011 e poi l’argento olimpico nel 2012. È stato un grandissimo stimolo, perché ho visto in acqua giocatori giovani raggiungere i risultati del vecchio Settebello. Lavorando, è possibile ottenere questo tipo di successi nello sport”.