La nuova alba del quartiere Aurora

Solo un chilometro e mezzo separa il centro di Torino da Borgo Aurora, finito sotto i riflettori per lo sgombero dell’ex asilo di via Alessandria lo scorso 7 febbraio.

Oggi, dopo un mese, restano le camionette della Polizia a presidiare strade e luoghi sensibili.

Sensibili come il palazzo sgomberato, sensibili come la Nuvola Lavazza. Due luoghi agli antipodi, ma distanti solo qualche centinaio di metri. E in quella distanza ci passa tutto il quartiere: viali alberati, scritte sui muri, vetrine multietniche e negozi storici, una farmacia con l’insegna scritta in cinque lingue diverse, arabo compreso.

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Quello che appare agli occhi di chi percorre le sue strade per la prima volta è un quartiere fatto di spazi abbandonati e tentativi di riqualificazione. Risultato della chiusura dei grandi stabilimenti industriali che l’hanno reso polo attrattivo per le tante famiglie del Sud Italia, a cui oggi si sono sostituite quelle straniere. Un melting pot di nazionalità e culture che faticano a dialogare, su uno sfondo che ora è una foto di degrado, con senza-tetto che dormono per terra, e girato l’angolo diventa la scena di una via alla moda, con la Nuvola Lavazza e le sue architetture di design che s’impongono su largo Brescia. Ad Aurora s’incontra di tutto, ma non si capisce dove ci si trova: se a pochi passi dal centro, o già nella periferia della città.

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Aurora vista anche attraverso gli occhi dei bambini. È il quartiere più multietnico della città di Torino, ma come vedono il posto in cui vivono i figli degli immigrati che vi risiedono? Abbiamo pensato che il modo più semplice per capirlo fosse quello di farli disegnare.

Sono tante ad Aurora le associazioni culturali che si pongono come obiettivo l’integrazione dei bambini figli di immigrati.

Una di queste è Zhi-song, un’associazione socio-culturale italo-cinese che promuove la collaborazione tra cinesi e italiani, per superare pregiudizi, chiusure e condividere momenti di conoscenza fra due culture. I volontari di questa associazione organizzano un doposcuola, il sabato pomeriggio, in via Ruggero Leoncavallo 27, in uno spazio concesso dal comune, una ex scuola che si affaccia sulle case popolari, un edificio all’esterno decadente, ma al cui interno si tenta di costruire un’identità comune. Abbiamo chiesto ad alcuni di questi bambini di disegnare il loro quartiere, con i luoghi del cuore, così come li vedono attraverso i loro occhi. La scoperta è che Aurora per la maggior parte dei bambini corrisponde proprio al doposcuola in via Leoncavallo 27, rappresentato in modi differenti. I giardinetti che si trovano attorno all’edificio e in cui giocano il sabato pomeriggio. I gatti che lì passano numerosi.

La ex scuola che diventa un casa bellissima nei loro disegni. E allora sembra chiaro che secondo questi bambini, anche ad Aurora, il quartiere dalle mille contraddizioni, si può sognare.

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“Una serranda chiusa porta sempre degrado”. Vittorio parla da dietro il bancone del panificio di famiglia. Il forno dei Fratelli Popolo resiste ai cambiamenti del quartiere da quarant’anni. Così come la tintoria Brescia, oggi gestita da Laura Aquino, una giovane che ha messo in un cassetto il suo sogno di diventare parrucchiera per tornare a lavorare nell’attività dei genitori e a vivere nelle vie che l’hanno vista nascere e crescere. Chi abita il quartiere da sempre, fatica ad abbandonarlo.

Laura racconta di aver provato più volte a spostarsi per poi tornare sempre ‘a casa’, vincendo le resistenze del marito e anzi, riuscendo a far innamorare anche lui della zona.
Innamorato di Aurora è anche Vittoriano ‘Vitto’ Taus, quasi ottantenne, sempre qui. Oggi è presidente di Arqa, l’Associazione riqualificazione quartiere Aurora. Ogni fine settimana insieme ad altri residenti fissano una rete in mezzo ai giardini Alimonda e aspettano che i bambini arrivino a giocare. Così si riprendono le piazze di spaccio e le restituiscono al quartiere a suon di partite di pallavolo. Riqualificazione dal basso, in attesa di quella strutturale che tarda ad arrivare, come testimonia anche il Presidente della Circoscrizione 7 Luca Deri.

E dove non arriva l’amministrazione arrivano le persone.

Come Brahim, che racconta come la Moschea Taiba in via Chivasso abbia ridato vita anche ai palazzi circostanti. Dal 2006, quando il centro islamico ha aperto i battenti, sono stati vinti pregiudizi e malumori, e oggi dopo 13 anni la Moschea è un luogo di dialogo, a disposizione degli abitanti di via Chivasso anche per le assemblee condominiali. Un’integrazione che fatica a realizzarsi è anche quello che racconta Ailian Gu, dell’Associazione italo-cinese Zhi Song, che porta le incertezze della comunità orientale nell’interagire con i residenti e la paura ad uscire la sera dopo un certo orario.
Sicurezza, integrazione, riqualificazione. Sono queste le sfide che Aurora affronta quotidianamente, raccontate da chi il quartiere lo vive in prima persona.

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Aurora come specchio della città, un microcosmo che riproduce al suo interno tutte le sfaccettature dell’elettorato torinese. È questo quanto emerge dallo studio Come votano le periferie? La «terza città» alle elezioni comunali di Torino 2016 compiuto da Cristopher Cepernich, sociologo dei media e della politica dell’Università di Torino.

Analizzando la vittoria al secondo turno di Chiara Appendino (57,5%) su Piero Fassino (42,5%), con uno scarto che nel quartiere Aurora è stato di 1972 voti, si vengono a delineare due elettorati: nelle periferie il voto “di protesta” contro le politiche delle amministrazioni di centro-sinistra, nei quartieri del centro quello dei residenti benestanti non abbastanza insoddisfatti per esprimere un voto di rottura.

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Aurora fa parte di quei quartieri definiti terza città, dove la scelta di cambiamento non prevale in modo netto. Ma la sua particolarità è che, come visibile dalla mappa, le tendenze si distribuiscono geograficamente proprio in sintonia con il quadro generale della città.

“Dato quindi per assodato che la divisione tra gruppi di elettori si riproduce in modo irregolare in tutti i quartieri – spiega il sociologo – l’analisi del voto ha dimostrato che non esiste una sola periferia elettorale, ma che invece la complessità e la stratificazione sociale di Torino legittimano a parlare di una periferia elettoralmente plurale”.

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Testi, video, audio di
Nadia Boffa
Federico Casanova,
Roberta Lancellotti,
Riccardo Liguori,
Nicola Teofilo