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Armiamoci e partite: la crisi dei medici di base del Piemonte

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Troppo lavoro e poche indicazioni. Così si potrebbe riassumere la situazione dei medici di famiglia della regione Piemonte. Da questa settimana infatti, chi ha dato la propria disponibilità potrà iniziare a somministrare autonomamente le prime dosi di vaccino. Il problema è però di due ordini distinti: da un lato c’è l’effettiva difficoltà materiale di assumersi il carico delle vaccinazioni anti-covid in aggiunta al lavoro ordinario, dall’altro c’è la comunicazione con la sanità regionale, la quale risulta lenta e poco chiara.

l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha trasferito il 25 marzo i 47.000 nominativi delle persone che hanno effettuato la preadesione sul sito www.ilpiemontetivaccina.it ai medici di base affinché questi potessero iniziare a fissare gli appuntamenti per la somministrazione del vaccino Astrazeneca (il quale nel frattempo è stato ribattezzato Vaxzevria). I medici di base volontari devono richiedere le dosi di siero necessario alla propria farmacia di riferimento, ovvero la più vicina, poiché la conservazione dei vaccini richiede impianti di refrigerazione di cui gli studi medici non sono dotati.

Per Antonio Barillà, segretario regionale del Sindacato Medici Italiani del Piemonte: “Il problema non sono i medici di famiglia, già in duemila hanno dato la loro disponibilità ad effettuare le vaccinazioni, il capitale umano è l’unica cosa che non manca. I problemi sono la cattiva organizzazione della regione, che non sa distinguere pazienti fragili o meno e non riesce a fornire direttive univoche ai medici, l’enorme mole di burocrazia e e soprattutto la fornitura dei vaccini. Senza dosi la presenza dei medici è del tutto inutile. 10 vaccini a medico di famiglia sono 20 mila vaccini, e non mi sembra che al momento siamo su queste cifre. Il capitale umano è abbondantissimo, magari manca personale amministrativo per svolgere la parte burocratica. Nel 2021 noi ancora andiamo avanti con la carta e mi chiedo anche dove dovremo sistemare tutti questi fogli. Io credo che in questa fase non dobbiamo creare allarmismi ma cercare di elaborare un piano chiaro e di metterlo in pratica. Una campagna vaccinale di massa deve essere gestita in maniera diretta e snella”.

Sabato 27 ad Alessandria, durante l’inaugurazione di un nuovo centro vaccinale, il presidente Cirio ha affermato: “da lunedì partiranno le vaccinazioni da parte dei medici di medicina generale, sono 40 mila le fiale di vaccino che abbiamo fatto pervenire alle farmacie territoriali perché i medici possano essere operativi”. la notizia è stata riportata da SkyTG24.

Ha poi aggiunto: “Abbiamo costituito 140 punti vaccinali, che sono quelli delle nostre aziende sanitarie, ai quali abbiamo aggiunto 54 punti dei privati che si sono messi a disposizione e li voglio ringraziare. E poi abbiamo i medici di medicina generale che già in 735 hanno aderito alla richiesta della Regione e faranno i vaccini nei loro ambulatori, altri 800 li faranno nelle strutture messe a disposizione delle aziende. Abbiamo bisogno di affrontare i problemi insieme: fare un siero di vaccino anti Covid non è come il vaccino antinfluenzale ed è per questo che dobbiamo tendere la mano ai medici di medicina generale”.

Federico Maria Savia, medico di medicina generale a Poirino, nella città metropolitana di Torino, sostiene che la radice del problema nasca da un mancato accordo tra le parti: “la ragione della protesta è nell’organizzazione del lavoro, non nella sicurezza del vaccino. A livello nazionale si è dato disposizione alle regioni di organizzare le vaccinazioni autonomamente. La regione Piemonte ha passato le liste dei pazienti non fragili ai medici di famiglia, ma non ha organizzato il piano insieme a loro. Il problema non è tanto il carico ulteriore, i medici di base già sono abituati a gestire dei periodi di lavoro supplementare per le vaccinazioni antinfluenzali, anche se il vaccino anti-covid è diverso perché richiede tempi più dilatati. Non è nemmeno un problema di spazi, perché spesso il medico di famiglia è aiutato dal sindaco del suo comune e in tantissimi hanno messo a disposizione dei luoghi adatti ad effettuare le somministrazioni. Molti medici stanno dicendo di no alla richiesta di vaccinare perché questo li bloccherebbe in una situazione di stallo per sei mesi o più in cui sarebbero costretti a dedicare tutti i sabati solo alle vaccinazioni. Il tutto peraltro dipende dalle dosi messe a disposizione perché senza di esse non si può fare nulla.”

Savia ha poi aggiunto: “Io chiederei due cose. Da un lato spingere le direzioni delle Asl a mettere a disposizione dei medici di famiglia personale infermieristico o amministrativo per effettuare le vaccinazioni, dall’altro chiederei una fornitura di vaccini più alta in modo da organizzare sedute più efficaci per evitare che la campagna si protragga per un periodo troppo lungo. Io sono favorevole anche alle somministrazioni nelle farmacie, purché ci sia un medico presente nella struttura, come ha affermato l’Ordine dei Medici”.

Martedì 30 marzo Ansa ha pubblicato un video nel quale si mostra la consegna della prima fiala di vaccino ad un medico di base nel capoluogo piemontese. Nel frattempo il 29 marzo è stato siglato un accordo tra il ministero della salute, le regioni, Assofarm e Federfarma il quale consentirà di effettuare le vaccinazioni direttamente in farmacia. A fare da apripista in questo processo è la Liguria, dove già 52 farmacie hanno aderito. A livello nazionale si comincerà verso la metà di aprile. I vaccini potranno essere somministrati da medici e da personale abilitato. In questa sede non saranno vaccinate le persone dal quadro clinico più delicato o le più anziane e al momento il vaccino più quotato per questa operazione sarà Johnson & Johnson, in arrivo in Italia il 16 di aprile.