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Ambiente, Pichetto Fratin: “Inquinamento atmosferico? La soluzione è il nucleare”

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“Non possiamo coprire tutto col fotovoltaico e l’eolico perché non raggiungeremmo l’obiettivo. Il percorso è il nucleare”. Per il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin è questa la soluzione all’inquinamento da particolato nell’aria. Così si è espresso all’evento “Allevamenti e inquinamento dell’aria” organizzato da Coldiretti a Torino. 

“Scorie radioattive ne produciamo ogni giorno in tutti gli ospedali della Repubblica – ha detto -. Abbiamo attualmente una trentina di depositi provvisori sparsi per l’Italia”. Pichetto Fatin ha parlato di rifiuti prodotti da strumenti terapeutici come l’indagine PET, usata per patologie oncologiche, cardiologiche, neurologiche. Ma i potenziali costi sociali determinati dalla presenza di materiale contaminante negli ospedali non sembrano un elemento a favore del suo progetto energetico, semmai il contrario. 

“Si chiama energia nucleare? Sì. Ma non è quella del referendum”, sottolinea. Si riferisce alla consultazione popolare del 1987, proposta un anno dopo il disastro di Černobyl’, in cui l’elettorato italiano fu chiamato a esprimere una preferenza sull’abrogazione delle nuove norme che consentivano la produzione di energia elettrica nucleare sul territorio nazionale. Per il ministro, tirare fuori il risultato di quel referendum è fuorviante: “È come averlo fatto sul motorino, e adesso dire che vale anche per la Ferrari”. 

L’inquinamento atmosferico è una sfida per la politica e non solo. Il settore agricolo è sotto pressione, poiché alla forma degli allevamenti intensivi è associata la maggiore produzione di sostanze che contribuiscono alle emissioni carboniche. Per Cristina Brizzolari, presidente regionale Coldiretti, però, “la carne fa bene. C’è chi inquina di più”.

Per gran parte dei relatori del convegno attribuire agli allevamenti intensivi tutta la responsabilità dell’effetto serra è impreciso. Come sottolinea Davide Biagini, professore del Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari “non è vero che gli animali inquinano più delle automobili”. L’impatto agricolo sull’emissione di Co2 contribuirebbe per il 7%, l’attività zootecnica per il 5%. “Spesso vengono proposte soluzioni semplicistiche”, afferma, e menziona una ricerca statunitense che ha ipotizzato cosa succederebbe se si eliminassero gli animali. “Per una serie di meccanismi la riduzione sarebbe praticamente nulla – dice -. Significherebbe alterare un settore economico non ottenendo grandi risultati”. Per Biagini la soluzione non è eliminare gli animali ma intervenire in altri modi. Ad esempio in termini genetici o genomici, con l’uso di integrativi nelle diete alimentari o con lo stoccaggio del carbone atmosferico per limitare l’effetto serra.

“L’ammoniaca può essere una risorsa se sta in un posto e un problema se sta in un altro”, dice Carlo Grignani, direttore dipartimento di Scienze agrarie dell’Università di Torino. “L’ammoniaca nell’aria si trasforma in particolato (componente dell’inquinamento atmosferico, ndr) – spiega – ma l’ammoniaca usata nel suolo consente di sfruttare le capacità dell’apparato digerente degli animali per rendere l’azoto disponibile per le piante, ad esempio”.

L’evento di Coldiretti Torino dimostra che il settore agricolo intero si sta interrogando attivamente su quali alternative si possono vagliare perché l’agricoltura non contribuisca massivamente alle emissioni di particolato nell’aria. Ma la ricerca e gli studi accademici hanno tempi più lunghi di quelli che la politica deve rispettare per trovare soluzioni.

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