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“La letteratura come strumento di giustizia poetica”: Almudena Grandes al Circolo dei Lettori

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La scrittrice madrilena ha chiuso ieri sera Hispánica, il ciclo di incontri con autori spagnoli contemporanei organizzato dal circolo letterario torinese. “Mi ci sono voluti parecchi anni per capire che nei primi romanzi non avevo fatto altro che girarmi intorno all’ombelico” riflette Almudena Grandes: a partire da Le età di Lulu le sue protagoniste si caratterizzano infatti per una scoperta della sessualità, mentre sullo sfondo c’è una Spagna alla ricerca della democrazia dopo l’esperienza franchista.

Un regime dittatoriale, che ha lasciato interrate nelle campagne più di 100mila persone di cui il governo spagnolo, tanto meno la monarchia, non parla mai: “É l’unica democrazia occidentale che non ha adottato una politica pubblica della memoria” afferma con forza la scrittrice, contro chi ha preferito chiudere gli occhi e dimenticare per il quieto vivere. “Olvidar para avanzar (dimenticare per avanzare)” è stato il motto della transizione politica spagnola alla fine degli anni ‘70.

Ma una dittatura di quarant’anni non si cancella e non si dimentica. La Spagna “è l’unico Paese al mondo in cui c’è stata una guerra tra fascisti e democratici e ancora oggi non si sa chi fossero i buoni e quali i cattivi” incalza la Grandes, per la quale il generale Francisco Franco è stato il più grande assassino in tempo di pace. Per questo la scrittrice insiste nel parlarne, ne conserva la memoria, perché la letteratura sia uno strumento di giustizia poetica.

A inaugurare la serie di quattro incontri realizzati dal Circolo dei Lettori in collaborazione con il Centro Cultural Español era stata la collega Alicia Giménez-Bartlett. Alla quale Almudena Grandes ha lanciato alcune provocazioni, parlando ad esempio degli scrittori capaci di alternare generi molto diversi. Una scelta incomprensibile per chi, come lei, è convinto che scrivere un’opera letteraria significhi “compiere un cammino, dunque seguire una stessa strada”.

Un caschetto biondo e un fisico esile Giménez-Bartlett, una matrona dalla voce roca Grandes, ironica e frizzante la catalana, politicamente impegnata la madrilena, le due donne si sono confrontate a distanza. A chi le osserva dall’esterno, però, risalta soprattutto ciò che le accomuna: non essersi lasciate intimorire dai pregiudizi con cui sono cresciute, che voleva il noir, il desiderio sessuale, l’impegno politico, l’indipendenza intellettuale ed economica, come prerogative maschili. Hanno lottato con passione, e con amore raccontano i libri, la famiglia, le città in cui vivono da sempre, la loro Spagna e il mondo di ieri e di oggi. Nel quale, per Grandes, “sopravvivere è la qualità umana più eroica”.

CORINNA MORI