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Alex Polidori, voce di Elio in Chiamami col tuo nome: “Doppiare è questione di testa”

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Questo film andrebbe visto sia in lingua originale sia in italiano.
Il film è Chiamami col tuo nome, la pellicola di Luca Guadagnino vincitrice del premio Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. Il suggerimento è di Alex Polidori: 24 anni, il doppiatore italiano di Timothée Chalamet, attore interprete dell’adolescente innamorato Elio Perlman. Nel film si racconta di una famiglia franco-americana, i Perlman, che trascorre le vacanze nel nord Italia. Nella versione originale, il mix di italiano, inglese e francese sottolinea situazioni e stati d’animo differenti. Un elemento che va perso nella versione italiana. Tuttavia, afferma Polidori, se non si ha una buona padronanza delle lingue straniere si corre il rischio di non cogliere altre sfumature del dialogo fra i personaggi.

Chalamet? Non l’ho mai incontrato, mi sarebbe piaciuto. Ma per i doppiatori non sono molte le occasioni di conoscere gli attori perché raramente sono invitati agli eventi.
Polidori racconta che alcune cose sono cambiate negli ultimi anni e oggi lui e i colleghi hanno un riconoscimento maggiore. Ma i riflettori restano ancora lontani e i loro nomi sono sconosciuti ai più. Eppure, doppiare non significa solo pronunciare le battute. Serve una preparazione attoriale ottima, dove conta anche la fisicità, perché imitare i gesti del personaggio davanti al microfono aiuta a dare la giusta espressività alla voce. Non è raro quindi che si improvvisi addirittura una corsetta sul posto.

Bisogna avere testa e mantenere la concentrazione per 9 o 12 ore al giorno. Si resta tantissimo tempo chiusi in una stanza e mentalmente è un lavoro stancante.
Il talento conta, ma non basta. Di routine un doppiatore lavora su tre o quattro turni al giorno e a più film contemporaneamente. I copioni, o liste dialoghi come si chiamano in gergo tecnico, vengono infatti suddivisi in più parti e non sono registrati in sequenza. I tempi di consegna? Si va da una settimana, per i cartoni animati e le commedie brillanti, a un mese nel caso di sceneggiature più complesse.

Timothée Chalamet, attore protagonista in Chiamami col tuo nome

 

A volte il copione prevede che uno dei personaggi abbia un marcato accento straniero. Ognuno di noi col tempo si specializza in alcune lingue e diventano parte del suo curriculum. Le più comuni sono inglese, spagnolo, tedesco e russo.
Quando invece capitano lingue meno comuni si chiama una persona originaria di quel Paese per affiancare il doppiatore e suggerirgli una pronuncia verosimile. A Polidori è capitato a 12 anni quando doveva avere un accento ucraino in 2012 – La fine del mondo.

La lingua italiana resiste pura in gran parte anche grazie al doppiaggio: noi usiamo una dizione ottima.
Fuori ognuno mantiene il proprio accento, il cambio avviene quando si indossano le cuffie. A quel punto non devono trasparire inflessioni regionali e cadenze. La formazione del doppiatore è lunga e prevede tre fasi: la prima, appunto, è di dizione, comunicatività ed espressione di linguaggio per imparare a usare tutte le potenzialità della voce. La seconda è di recitazione e solo alla fine arriva la terza come doppiatore vero e proprio in cui si impara a seguire il labiale del personaggio. Per Polidori, però, il percorso è stato un po’ diverso perché è entrato in sala da bambino e ha imparato quasi tutto direttamente sul campo, imitando i colleghi più grandi.

Non è vero che si doppia i film solo in Italia: lo si fa in Russia, in Spagna e per i film d’animazione e quelli più importanti avviene in quasi tutta Europa. E il doppiaggio italiano è un’eccellenza del nostro Paese.
Inutili quindi le polemiche sulla visione dei film in lingua originale. L’inglese, afferma Polidori, se poi il problema è quello, lo si può imparare in tanti altri modi. La lingua è qualcosa con cui bisogna essere in grande familiarità per poterne essere emozionati. Per questo una battuta ascoltata in italiano può avere un impatto maggiore e rendere, alla fine, il senso più profondo del film. I sottotitoli, ribattono alcuni. L’effetto però spesso è di distrarre dalle immagini, senza contare che restano inaccessibili ai non vedenti.

Sono entrato in sala di doppiaggio a cinque anni per seguire mio fratello: volevo fare tutto quello che faceva lui.
Gabriele Patriarca, maggiore di sette anni, è il bambino che nel 1993 ha vinto lo Zecchino d’oro con la canzone Il coccodrillo come fa. Dopo quel successo ha iniziato a lavorare nel mondo dello spettacolo. Alex lo accompagnava insieme alla madre e per imitarlo ha iniziato a sua volta a stare sotto i riflettori. Ma la musica resta un affare di famiglia: figlio di un musicista, Polidori suona anche il piano e l’ukulele e da qualche anno ha deciso di dedicare più tempo alle canzoni che scrive. Per questo le estati le trascorre in giro per l’Italia a fare concerti insieme alla sua band.

CORINNA MORI