“Confiscato per infiltrazioni mafiose”, recitano i cartelli in mano alle spose. Per ognuno dei cinque giorni del Salone del Libro, 24 attici volontarie della scuola di teatro Maigret & Magritte hanno sfilato per i padiglioni indossando altrettanti vestiti da sposa confiscati alla ‘ndrangheta. Gli abiti arrivano direttamente da Reggio Calabria, da un atelier d’alta moda gestito dalle figlie di un boss. Altri abiti frutto dello stesso sequestro sono stati messi a disposizione di un’associazione scout di Reggio che con il ricavato della vendita ha finanziato strutture per senzatetto, donati a spose meno abbienti o mandati in Africa.
L’idea della sfilata parte da uno spettacolo teatrale dell’associazione, dal titolo “Comsì comsà”, che racconta del ruolo della donna nella società moderna: sono tre spose rimaste chiuse in sacrestia prima del matrimonio, che chiacchierando sviscerano tutto quello che la società si aspetta dalle donne. E da qui al chiedersi “qual è il ruolo delle donne in un conteso mafioso?” il passo è breve. L’accoglienza della sfilata è stata “splendida e inattesa” per un’azione di guerriglia teatrale che sfrutta l’elemento ben riconoscibile dell’abito da sposa, dicono dallo stand al Salone del Libro.
Maigret & Magritte è un’associazione di promozione e teatro sociale di Torino, impegnata in molti progetto che vogliono “mettere in scena la voce degli ultimi, di coloro che una voce non ce l’hanno”.